lunedì 30 dicembre 2019

Persone normali - Sally Rooney: volevamo solo essere normali

Connell e Marianne sono due adolescenti che vivono nell'Irlanda di oggi, nella regione occidentale di Sligo.
Li accomuna la frequenza alla medesima scuola.
Connell è figlio unico, non ha conosciuto il padre: Lorraine, sua madre, lo ha cresciuto da single. E' molto dotato, sia intellettualmente che nello sport: è l'idolo del liceo; nasconde la sua naturale timidezza dietro a modi compassati e sicuri.
Marianne è benestante ma non è affatto popolare; è intelligente ma solitaria, non lega con le ragazze, non sa essere alla moda, è considerata una "strana" e per questo nessuno le parla. A scuola è un paria, socialmente parlando. Anch'ella orfana di padre, ha un fratello passivo aggressivo ed una madre arrogante e anaffettiva, tutta protesa a coltivare la propria algida immagine di signora della upper class.
E' Marianne quella veramente priva di un centro di affetti.
Eppure i due si conoscono, complice Lorraine che lavora come colf a ore presso la famiglia di Marianne.
Questi universi paralleli entrano in collisione e ne nasce un'attrazione unica ed indescrivibile, un rapporto di affinità elettive e di profonda sensualità carnale che tra alti e bassi attraverserà l'adolescenza e poi la giovinezza dei due, fino all'ingresso all'età adulta.
Non è tanto la storia a colpire - che si inserisce in quel filone sentimental-esistenziale anglosassone che quest'anno ha avuto un altro ottimo titolo, "Un dolore così dolce" di Nicholls - quanto la capacità di introspezione psicologica di chi la scrive. 
Sally Rooney utilizza la terza persona per raccontarci non solo le vicende di un amore giovane ed immaturo, ma soprattutto l'interiorità dei personaggi e la loro capacità di evolvere abbattendo lo steccato della differenza di classe e i limiti caratteriali che - in svariate occasioni - li hanno portati a ferirsi e ad allontanarsi. 
Più che un romanzo è un delicata e umanissima indagine sull'anima dei due protagonisti.
Connell imparerà a fidarsi del proprio talento di scrittore, superando l'insicurezza ancestrale che gli ha reso ostico ambientarsi a Dublino al Trinity College dove - approdato da una cittadina di provincia - si è subito sentito inadeguato per origini, possibilità economiche e stile di vita.
Marianne dovrà a sua volta affrancarsi della famiglia patologica da cui proviene - psicologicamente ingombrante - e lo farà passando attraverso un dolorosissimo percorso interiore.
Tutto ruota attorno al bisogno dei ragazzi di "essere considerati delle persone perbene", condizione essenziale per essere le "persone normali" di cui al titolo:
"Non so cos'ho che non va, dice Marianne. Non so perché non riesco a essere come le persone normali ... Non so perché non riesco a farmi amare. Penso di essere nata sbagliata."
Ciascun protagonista si sente, per ragioni differenti, "sbagliato" - non accettato - vuoi per il ceto, vuoi per l'aspetto fisico, vuoi per la carenza di competenze sociali: in questo senso di inferiorità risiede la causa primigenia di tutti gli errori nella loro relazione.
Solo al termine di un non facile percorso esistenziale, che passerà quanto a Marianne attraverso una frequentazione sbagliata con un uomo che la umilia con pratiche sessuali violente ("in lei c'è qualcosa di spaventoso, un immenso vuoto nel nocciolo del suo essere ... le manca quell'istinto primordiale, l'autodifesa o l'autoconservazione, che rende intelleggibili gli altri esseri umani. ... Marianne è una masochista") e quanto a Connell attraverso un profondo malessere esistenziale che sfocerà in una grave depressione ("ha realmente voluto morire, ma non ha mai realmente voluto che Marianne lo dimenticasse. Questa è l'unica parte di sé che vuole salvare, la parte che esiste dentro di lei") i due riusciranno a far pace con se stessi. 
Nel caso di  Marianne, ciò avverrà estromettendo definitivamente dal proprio orizzonte emotivo le persone che l'hanno consapevolmente danneggiata: l'ex fidanzato, la madre, il fratello.
La giovane donna si aprirà all'età adulta con una rinnovata fiducia:
"Marianne pensa, e non per la prima volta, che la crudeltà non ferisce solo la vittima, ma anche chi la perpetra, e forse perfino in modo più grave e definitivo. Quando vieni sottoposto ad atti di bullismo non impari niente di particolarmente profondo su te stesso; ma quando li infliggi a qualcun altro impari qualcosa che non potrai mai dimenticare".
Connell, invece, prenderà definitivamente atto che il suo Io più profondo passa attraverso la scrittura e la poesia, che diventano lo strumento per decodificare i guasti interiori che lo ossessionano:
"mettere per iscritto un'esperienza gli sembra un gesto potente, come se la imprigionasse in un barattolo perché non possa mai abbandonarlo del tutto".

La scrittura poetica, ricca di immagini, che procede con fluidità attraverso l'utilizzo del tempo presente e del discorso diretto continuo, iperrealista, non enfatizzato dall'uso dell'ordinaria punteggiatura che lo preannuncia, fa di questo romanzo un piccolo gioiello della narrativa contemporanea.
IPERREALISTA 📖📖📖📖

Il libro in una frase
"Sentirsi completamente in balìa di un'altra persona era strano, ma anche molto normale. Nessuno può essere del tutto indipendente dagli altri, ha pensato, per cui forse valeva la pena di smettere di provarci e lanciarsi nella direzione opposta, dipendere dagli altri per tutto, lasciare che gli altri dipendessero da noi, perché no".

giovedì 26 dicembre 2019

La misura del tempo - Gianrico Carofiglio: alla ricerca della forza di stupirsi ancora

"Essere stupiti dalla forza di qualcosa. Mi piacerebbe tanto se capitasse di nuovo. Forse potrebbe essere proprio lo stupore - se fossimo capaci di impararlo - l'antidoto del tempo che accelera in questo modo insopportabile".
Ho un rapporto di affetto di lunghissima data con l'avvocato Guido Guerrieri.
Più che affetto, forse si tratta di affinità elettiva.
Quest'uomo così complesso, riservato, amante delle lettere e delle sottigliezze del diritto, un raffinato pensatore che si mette sempre in discussione e che è arrivato alla professione più per caso che per reale convincimento, mi ha catturato fin da Testimone inconsapevole, un romanzo che sarebbe riduttivo definire un giallo. 
Tutti i libri della serie di Guerrieri sono degli eleganti noir esistenziali, nei quali sull'impianto classico del genere poliziesco si innestano riflessioni di più ampio respiro sulla società e sulla vita interiore del suo protagonista.
Se Fenoglio è un eroe del quotidiano, un uomo per bene che declina i valori che porta dentro di sé nel lavoro come nella vita privata senza sconti e senza cavillosità, avendo sempre ben chiara la linea di demarcazione fra il bene ed il male, Guerrieri è un uomo estremamente complesso, a suo modo insicuro, incline alla dissertazione filosofica, riservatissimo ed incapace di far partecipi le persone a lui vicine dei continui rivolgimenti interiori in cui si perde.
Uno che pensa troppo prima di agire - potremmo dire in via di estrema semplificazione - che valuta anticipatamente le conseguenze delle proprie azioni ed in questo suo valutare perde l'occasione di essere felice.
Un uomo talentuoso che non è all'altezza di se stesso e che non riesce a fare pace con il proprio Io più profondo.
Ne La misura del tempo Guerrieri è uno stimato professionista un po' invecchiato, un cinquantenne che ha già ampiamente dimostrato le proprie qualità e che si rende conto di avere tralasciato di coltivare altri e ben più fondamentali interessi, in primis la scrittura e la letteratura.
Ora potrebbe dare una svolta alla routine che lo fagocita, occupare lo spazio che gli resta facendo ciò che ama. Non ne ha il coraggio e lascia fluire la vita, abbandonandosi masochisticamente ai ricordi del passato, alla nostalgia ed all'amarezza per ciò che non è stato e sarebbe potuto essere.
L'io narrante - tramite la tecnica del flusso di coscienza interiore - ragiona sul tempo che passa veloce per chi non è più giovane e sul venir meno dell'entusiasmo delle "prime volte".
Guerrieri si trova a patrocinare in appello un ragazzo condannato in prime cure per omicidio volontario, figlio di una vecchia fiamma - Lorenza - che, siamo nell'estate del 1987, lo aveva sedotto per poi lasciarlo in pochi mesi: una donna sensuale - dal fascino animalesco, allusivo - un'aspirante scrittrice, ora insegnante precaria, che anni di difficoltà hanno reso sciatta e disincantata.
La vicenda processuale diventa semplicemente lo spunto letterario per ragionare del tempo trascorso e di quello a venire e dell'impellenza di voltare pagina quando si esaurisce la passione e la convinzione per quello che si fa: nella vita professionale come in quella privata.
Guerrieri è una figura letteraria estremamente contemporanea, con una sensibilità sofferente e una profondità  notevole; non si può non amarlo perché più che un personaggio è uno specchio che porta in superficie - con impietosa sincerità - la contraddittorietà dell'uomo moderno.
CREPUSCOLARE 📖📖📖📖📖

Il libro in una frase
"Qualcuno ha scritto che bisognerebbe essere capaci di morire giovani. Non nel senso di morire davvero. Nel senso di smettere di fare quello che fai quando ti accorgi di avere esaurito la voglia di farlo, o le forze; o quando ti accorgi di avere raggiunto i confini del tuo talento, se ne possiedi uno. Tutto ciò che viene dopo quel confine è ripetizione"

lunedì 16 dicembre 2019

La promessa - Friedrich Dürrenmatt

LA PROMESSA, Friedrich Dürrenmatt, Adelphi 2019


Coira, Svizzera, anni 50. Un romanziere incontra per caso in una desolata hall di albergo, dopo avere tenuto una conferenza sulla letteratura poliziesca, un misterioso funzionario pubblico - il dottor H. - già capo della polizia di Zurigo, ora in pensione.
Questi gli offre un passaggio verso casa e coglie così l'occasione per raccontare un caso particolarmente efferato e complesso che ha avuto modo di seguire durante la sua lunga carriera. Il protagonista, in realtà, è un suo sottoposto, il tenente Matthäi.
Mätthai è descritto come un uomo integerrimo, colto, laureato, un poliziotto tutto di un pezzo, che persegue i fini della giustizia con accanimento, pervicacemente convinto che la verità debba sempre venire a galla.
Giunto quasi alla pensione, in procinto di assumere un prestigioso incarico all'estero, Matthäi si trova ad investigare su di un delitto a sfondo sessuale, vittima una bambina di pochi anni, Gritli Moser, figlia di gente di campagna. Il delitto sconvolge gli abitanti di Mägendorf, il minuscolo paesino ove viveva, non meno degli inquirenti e di Matthäi stesso. Questi - in un momento di impeto interiore - si trova a promettere solennemente alla madre della piccola la cattura del maniaco, ad ogni costo. 
Inizia una serrata indagine che prima vede la polizia concentrare le proprie attenzioni su Von Gunten, un venditore ambulante, colui che in effetti ha scoperto il cadavere e allertato la polizia: è un perdigiorno, già schedato per reati contro il buoncostume ai danni di una quattordicenne, pare essere il colpevole perfetto. Costretto con metodi di indagine poco ortodossi a confessare, di lì a poco si toglierà la vita. 
Matthäi è certo che il caso non sia chiuso e che vi sia un assassino seriale in circolazione, responsabile per gli omicidi di più bambine, avvenuti con le medesime modalità. Ne traccia il profilo psicologico e comincia una personale caccia al colpevole al di fuori delle regole di polizia e della procedura penale. Matthäi - dimessosi - utilizza ogni escamotage, anche poco ortodosso, per tessere una rete attorno al mostro che si aggira per le valli svizzere, pur sapendo di inimicarsi gli ex colleghi. 
I suoi sforzi lo condurranno ad un passo dalla verità, ma saranno vani a causa di un evento totalmente imprevedibile: la delusione lo avvierà ad un lento ed inesorabile cammino di solitudine ed abbruttimento fisico e morale, al limite del disagio psichico.
Sarà il destino che tempo dopo permetterà al Dottor H. - il suo superiore - di arrivare all'atroce verità. Per Matthäi, tuttavia, non ci sarà più scampo né redenzione: i rimorsi per non avere mantenuto fede alla promessa fatta ai genitori di Gritli ne avranno fatto una larva, un essere reietto e inviso a se stesso prima che al mondo.
La prosa è minuziosa ma calibrata, semplice, di effetto, evocativa: le descrizioni dei luoghi, dal campo in cui viene ritrovato il povero corpo straziato fino ai locali della sede della polizia, dalla taverna del paese all'albergo di Coira in cui si apre la narrazione, sono vivide ed abbacinate. 
La potenza evocativa ricorda il Simenon più sofferto ed interiore, quello del dramma giudiziario de La camera azzurra o di Marie la strabica.
Trasuda dolore e disperazione da questo romanzo, un dolore composto, mediato dalla voce narrante, sempre trattenuta e mai teatrale che - alternandosi - ora è quella del Dottor H.- che rievoca la discesa agli inferi di Matthäi - ora è del romanziere cui il Dottor H. confida questi suoi amari ricordi.
Sono evidenti gli influssi della letteratura del primo Novecento, la mente va a Svevo ed al suo racconto delle idiosincrasie dell'uomo moderno, in bilico fra la presa d'atto delle proprie potenzialità ed i limiti imposti dalle leggi della natura e dal Caso. Neppure il più abile degli investigatori può considerare tutte le variabili in grado di far deviare un'indagine dal suo obiettivo ultimo: la verità. Sorge spontaneo il parallelismo con il Dottor S. de La coscienza di Zeno, l'alter ego del narrante Zeno Cosini, che dialoga con il proprio psichiatra raccontandogli le proprie inettitudini e peripezie esistenziali.
La Promessa è un libro che merita di essere letto anche perché affronta, in una cornice da poliziesco classico, un tema attualissimo e dibattuto: il rapporto fra il diritto positivo e il diritto naturale, tra le leggi scritte dagli uomini e la Giustizia come concetto filosofico universale.

Il libro in una frase:
"La nostra ragione getta un'ombra insufficiente sul mondo. Nella penombra dei suoi confini si insedia tutto ciò che è paradossale" 

pubblicato su http://www.milanonera.com/friedrich-durrenmatt-la-promessa/ 


giovedì 12 dicembre 2019

La vita dispari - Paolo Colagrande

La vita dispari è un gran bel romanzo.
E' arrivato nella cinquina finale del Campiello 2019 e si è aggiudicato il Premio Campiello Selezione Giuria dei Letterati.
Non è un romanzo semplice, né per il tema, né per lo stile.
Protagonista è tal Buttarelli, un uomo comune - come già il nome sottolinea - che vive una vita totalmente anonima in una città non meglio identificata e che non a caso è definita "mediopoli". Tutta la sua esistenza si snoda attorno a via Furio Muratori, fra i cui bar, rivendite di tabacchi e grigi caseggiati assistiamo alla parabola umana di un personaggio così mediocre e così a suo agio nei propri difetti da poter rappresentare la quintessenza di ciascuno di noi.
Buttarelli, precocemente orfano, studente dai risultati non brillanti, taciturno, introverso, incapace di relazionarsi col mondo, ha una sola peculiarità: riesce a leggere e a comprendere solo il lato destro di un libro aperto - indi la pagina dispari; più in generale, laddove vi sia una qualunque linea di demarcazione, lui sa decifrare solo la parte a destra della linea predetta.
Non solo. Buttarelli ha l'ossessione per le differenze e le divisioni, che non riesce a metabolizzare, forse conseguenza della neurologica predisposizione del suo cervello a percepire solo una metà del tutto. 
Prima fra tutte la distinzione fra maschio e femmina.
Altra sua caratteristica, mutuata dagli insegnamenti materni, è la "vocazione al disinteresse" per le cose del mondo, a "registrare tutto senza focalizzare", nonché la studiata intenzione - per vivere una vita al riparo da grossi problemi - di essere se stesso solo in una percentuale minima, non più del trenta percento. Percentuale destinata a ridursi col progredire della storia.
Come a dire: imparare a mimetizzarsi per garantirsi meno inciampi possibili.
La vedova Buttarelli è un genitore altrettanto deficitario sotto il profilo delle abilità sociali; con il figlio intrattiene un dialogo solo epistolare anche se i due sono conviventi, retaggio degli anni in cui Buttarelli - ragazzino - frequentava un convitto scolastico.
L'imperturbabile bidella Cleofe, la Maribél (preside delle scuole elementari Dioscoride Polacco, virago dell'educazione massimalista), l'amico Gualtieri (fonte diretta e a tratti voce narrante assieme al di lui nipote), "l'Eustrella" (la ragazza di cui si innamora senza essere ricambiato), la compagna di classe Ottilia (con cui intravede le prime gioie della carne), il Fulgenzio (fidanzato della vedova Buttarelli ed ex viveur), la futura moglie Ciarma Schwarz ("alta come una torre e vestita come un'educatrice svizzera"), la figlia Svezia (totalmente anaffettiva), i fratelli Landemberger  (titolari dell'omonima rivendita di sali e tabacchi su via Furio Muratori), il sedicente gastroenterologo Orrigoni Scollamecca  (impostore patentato sfuggito all'ospedale psichiatrico): sono solo alcuni degli esilaranti personaggi, al limite del parodistico, attraverso i quali vengono raccontate le rocambolesche vicissitudini umane, professionali e sentimentali di questo "uomo comune", gettato sulla roulette come una biglia impazzita da un'entità suprema e misteriosa, un po' cattiva e curiosa di vedere come la sua creatura più complessa saprà barcamenarsi fra le intemperie del vivere quotidiano.
Il tono talvolta è epico, talaltra sarcastico, sempre ironico e godibilissimo: i virtuosismi verbali che utilizza il narratore - che si è detto essere il nipote del Gualtieri, amico intimo di Buttarelli, con qualche incursione del Gualtieri medesimo - non affaticano la prosa, la rendono - al contrario - contemporaneamente alta e farsesca.
La sua fine non sarà più meschina del resto della sua esistenza, parabola umana di un individuo insignificante, che la benevolenza cosmica non ha voluto mai baciare, e nelle cui idiosincrasie - ogni tanto - ci ritroviamo tutti.
INTELLIGENTE 📖📖📖📖📖

Il libro in una frase:
"In realtà tutto è già confuso all'origine, gli opposti non esistono: il buono e il cattivo, il diavolo e il santo, la sofferenza e la gioia sono tinte di uno stesso quadro, visuali diverse di uno stesso paesaggio. Ma il cervello non lo capisce: si è organizzato nell'equivoco della divisione, della demarcazione, e quindi del pareggio, e non torna indietro ... la vita in pareggio è un concetto finto, commercialistico. E' giusto specificarlo ora e qui, tra parentesi, senza pretese dottrinali, come traccia e come provvisorio riepilogo. Chiusa la parentesi"









venerdì 6 dicembre 2019

Non ho capito se mi è piaciuto il nuovo romanzo della Ferrante

Premetto che di Elena Ferrante ho letto solo la quadrilogia e non i romanzi precedenti.
Premetto altresi' che quando mi ci sono accostata nulla sapevo - forse non era ancora in atto - della furia mediatica che ha assalito mezzo mondo e della cosiddetta Ferrante fever.
I suoi romanzi mi piacquero subito, perché li trovai ben scritti ed intensi.
Detto questo aspettavo con una certa curiosità il nuovo libro.
E' ancora una volta una storia al femminile, in particolare, un romanzo di formazione.
La protagonista è Giovanna, un'adolescente della Napoli bene che, nell'affacciarsi alla giovinezza, fa i conti con le incomprensioni fra i genitori - che arrivano ad una dolorosa separazione - e con le sue stesse difficoltà a rapportarsi ad essi.
Cade il mito del padre perfetto, intellettuale illuminato, che si scopre avere intrattenuto per anni una relazione con una comune amica; cade il velo di mistero sulla famiglia di origine paterna, ritenuta dai suoi genitori poco presentabile e come tale preferibilmente da non frequentare e da non far frequentare alla figlia.
Cadono le mistificazioni sull'innominabile zia Vittoria, sorella del padre, colpevole nell'ottica di quest'ultimo di avere intrattenuto una relazione adulterina con un poco di buono, meschino come il resto degli abitanti della periferia napoletana, descrittaci come un luogo di povertà morale oltre che materiale.
Cadono le sue certezze sull'amore, quando l'incontro fortuito con un giovane insegnante universitario, Roberto - figlio della stessa periferia povera e scostumata da cui proviene il padre di Giovanna - le mostra e dimostra che anche in un contesto così degradato e culturalmente limitato può nascere una mente brillante.
E' un romanzo sull'ipocrisia del mondo degli adulti, sulla tendenza a giudicare gli altri nel contempo autoassolvendosi, sull'affacciarsi alla maturità, sulla difficoltà a darsi un'identità precisa, una fisionomia che ci caratterizzi rispetto al mondo.
E' bella la prosa, molto accurata, densa. In questo la accomuno alla Mazzantini.
Ci sono tuttavia alcuni aspetti che mi lasciano perplessa e mi impediscono al momento di formarmi un'opinione definitiva.

In primis, il finale aperto ma decisamente tranciante. Devo dedurne che è il volume primo: avrei preferito saperlo, come lettore, anche se amo le saghe familiari. E' una questione di chiarezza fra lettore e scrittore.

Inoltre, un solo riferimento temporale ci fa capire che ci troviamo a cavallo fra gli anni settanta e gli anni ottanta: non esiste in tutto il libro un richiamo a fatti, eventi storici, episodi di questo ventennio, il che crea un'atmosfera di sospensione temporale quasi onirica che, tuttavia, rende meno incisiva la narrazione. La stessa vicenda si sarebbe potuta collocare negli anni cinquanta o nei favolosi anni sessanta.
Il romanzo si sviluppa concentrandosi solo sui suoi personaggi, come se la realtà non toccasse mai le loro esistenze private: ci troviamo in un tempo sospeso da Deserto dei Tartari.

Da ultimo, la collocazione geografica è ugualmente generica. Di Napoli si descrive la contrapposizione fra città alta, borghese, centro storico elegante - quello del passeggio - e periferia degradata. Nient'altro. Napoli mi sembra più complessa da rendere, anche sociologicamente parlando.
Addirittura, le parti ambientate a Milano sono del tutto decontestualizzate, e come tali poco credibili: quando l'autrice scrive "università di Milano" a quale si riferisce (la Statale? la Cattolica? E' importante come particolare se consideriamo il background del personaggio "Roberto", che cresce umanamente in una parrocchia di periferia, tanto che in un primo momento ho avuto la sensazione che fosse un prete o un seminarista); quando Giovanna prende la metropolitana, in che spazio si muove, da dove arriva con il treno proveniente da Napoli? Non sembra la Stazione Centrale, se non per un generico richiamo ai marmi bianchi. Potrebbe essere tranquillamente la Gare de Lyon di Parigi. Dove si trova l'appartamento di Roberto? In un caseggiato di periferia? Anche Milano ha le sue diversità, ora come allora. Un conto è la Milano da bere, altro è la Milano dei Navigli, quella del Ponte della Ghisolfa e dei vari racconti di Testori, per intenderci.
E la scelta di far tornare Giovanna a Milano - appena riapprodata a Napoli - dopo un viaggio di rientro infinito, quasi apocalittico ce lo immaginiamo su un treno sferragliante, non è un tantino forzata? Inverosimile?
E il braccialetto antico, il silenzioso talismano che passa da un personaggio femminile all'altro, quasi fosse un dono fattoci dalla scrittrice per evidenziare i mutevoli punti di osservazione della vicenda umana che ci viene narrata? Non mi è chiara la funzione del ritornare continuo di questo oggetto, se sia o meno un escamotage letterario o se mi manchi la sensibilità per capire un piano di lettura ulteriore e diverso da quello principale.

Non aggiungo altro se non che attendo il seguito perché solo con il quadro completo dell'opera potrò dare un giudizio definitivo.
Ma se mi si domandasse: lo rileggeresti? Io risponderei di sì.

Il libro in una frase
"Cosa succedeva, insomma, nel mondo degli adulti, nella testa di persone ragionevolissime, nei loro corpi carichi di sapere?"

giovedì 5 dicembre 2019

Dammi la mano - Megan Abbott


DAMMI LA MANO di Megan Abbott - Einaudi 2019

articolo pubblicato su http://www.milanonera.com/megan-abbott-dammi-la-mano/ il 5/12/2019

Kit e Diane sono due adolescenti molto diverse.
Kit Owens appartiene ad una famiglia piuttosto umile, risiede in un sobborgo della città di Lanister, il padre l'ha abbandonata e sua madre mantiene entrambe con un lavoro sottopagato da infermiera presso una clinica veterinaria. E' intelligente ma svogliata.
Diane Fleming invece è benestante, i suoi sono separati, lei vive ora con l'uno ora con l'altro genitore: dispone di una lussuosa abitazione che condivide col nonno, bei vestiti, proviene da una scuola privata prestigiosa. E' particolarmente avvenente, talentuosa ed ha ottimi risultati scolastici. E' consapevole del fascino magnetico che esercita su chi la circonda. E' poco empatica, scostante con chi tenta di penetrare i suoi silenzi.
Le due si incontrano alla scuola pubblica - dopo che la seconda vi si è trasferita per non meglio precisati motivi - e subito scoprono di avere in comune la passione per le materie scientifiche, in particolare per la chimica, in cui eccellono.
Nasce così un'amicizia intensa ed un sodalizio di studio, che le lega in poco tempo a tal punto da indurre Diane a rivelare all'amica un'insospettabile macchia nel suo recente passato.
Questa rivelazione scatena in Kit - che ora ne è l'unica depositaria al mondo - una  crisi interiore: ciò la porta ad allontanarsi da Diane, colpevole di averle attribuito il peso di una verità che la sua coscienza le imporrebbe di denunciare.
Kit arriva a temere Diane, di cui saggia la freddezza e la totale e patologica assenza di senso di colpa.
Il rapporto tra le due - suggellato dal silenzio -  si spezza.
Anni dopo, divenute entrambe ricercatrici promettenti, si ritrovano a lavorare fianco a fianco ad un progetto di sperimentazione che le vedrà concorrere - questa volta - per il medesimo posto nell'équipe di una luminare, la dottoressa Severin, virago della ricerca biomedica.
Torneranno a galla le paure di Kit ma anche quel senso di fascinazione perversa - quasi di attrazione fisica irrisolta - che la legava a Diane.
I ruoli saranno tuttavia capovolti giacché sarà questa volta Diane a conoscere alcuni fatti e comportamenti poco commendevoli attribuibili a Kit che potrebbero costare a quest'ultima il posto nella squadra, mettendo a rischio una vita di sacrifici, proprio ad un passo dal riconoscimento professionale per cui entrambe hanno così instancabilmente lavorato.
Di questo thriller si apprezza l'ambientazione, il mondo della ricerca scientifica e dei finanziamenti che la sostengono. Un contesto in cui - ben lungi dall'idea romantica, quasi epica, che se ne potrebbe avere - non vi è spazio per legami sinceri, in cui prevale l'ambizione, la maldicenza, la scorrettezza personale. O almeno questa è la visione che ci fornisce Megan Abbott.
Originale è anche l'oggetto di studio - il Ddpm - cioè il disturbo disforico premestruale: una forma depressiva che colpisce tante donne in età fertile e che può condurre in casi particolarmente gravi a comportamenti aggressivi legati agli sbalzi ormonali. Un tema ostico, ancestrale, molto "femminile" e come tale generalmente liquidato con qualche becera battuta, se non addirittura oggetto di un certo imbarazzo nell'essere affrontato.
Ancora, si apprezza il linguaggio utilizzato, accurato, preciso: il lettore è letteralmente catapultato all'interno di un laboratorio, ne vengono descritti gli ambienti e gli strumenti, le procedure, gli effetti delle reazioni chimiche. Con l'attenzione certosina di uno scienziato, l'autrice analizza i rapporti gerarchici, le ambizioni, le fatiche e le aspettative di chi ci lavora: i dialoghi sono brevi, sincopati, impietosi nel loro realismo, senza alcuna concessione al sentimentalismo.
E' un libro che gira attorno alla parola "sangue": quello dei vincoli familiari, quello del ciclo femminile, quello innocente della cavie di laboratorio, sacrificate sull'altare della ricerca. E non solo, scoprirà il lettore.
In questo romanzo nulla è come sembra e - in un crescendo emotivo particolarmente riuscito - si vuole suggerire una riflessione sul tema della patologia dei legami affettivi.
Un libro che smitizza e dona una luce autentica al mondo della ricerca scientifica.

Il libro in una frase
"Bisogna sempre cercare la crepa, nelle creature apparentemente perfette"


martedì 3 dicembre 2019

La scomparsa di Adèle Bedeau - Graeme Macrae Burnet - La provincia in giallo

Manfred Baumann vive a Saint-Louis, un'anonima cittadina dell'Alsazia, al confine con la Svizzera e la Germania. Ha perso i genitori, ha vissuto con i nonni, benestanti, che hanno fatto in modo di trovargli un lavoro di un certo prestigio - direttore di una filiale bancaria - pur non avendo neanche ottenuto il diploma. E' solitario, abitudinario, timido, ipercontrollato nei suoi atteggiamenti, decisamente privo di abilità sociali se non addirittura tendenzialmente sociopatico.
E' il colpevole perfetto quando scompare la procace cameriera del Restaurant de la Cloche dove da un numero imprecisato di anni pranza quotidianamente.
L'ispettore che segue il caso - Gorsky, responsabile della polizia locale - lo individua subito come sospettato ideale. Le sue indagini, gli interrogatori svolti fra gli abituali frequentatori del bistro, ne delineano un profilo inquietante.
E Manfred Baumann, effettivamente, è un uomo inquietante. 

Anni prima - poco più che adolescente - Manfred aveva ucciso  una ragazza durante un rapporto sessuale. Ne aveva nascosto il corpo e - successivamente al ritrovamento - si era abilmente eclissato, evitando di far confluire su di sè qualunque dubbio.
Il caso era poi stato solo apparentemente risolto, con la cattura di un balordo che - pur se innocente - aveva trascorso il resto della propria vita nelle patrie galere. Anche in quell'occasione l'ispettore Gorsky, di fresca nomina, aveva condotto le indagini. Conscio che la persona arrestata e condannata non era se non un capro espiatorio - buono solamente a mettere a tacere l'opinione pubblica - era rimasto ossessionato dalla vicenda e più e più volte si era interrogato sulla vera identità dell'assassino, rimasto a piede libero e potenzialmente in grado di perpetrare i suoi misfatti.

Decenni dopo, Gorsky si rende conto che tra i due episodi non può non esserci un collegamento.
Ma non tutto è come - in effetti - appare ed il finale è decisamente appassionante, oltre che amaro nelle considerazioni che lascia al lettore.
Giallo di impianto classico, con belle atmosfere di provincia, ottima analisi e caratterizzazione dei personaggi, principali e non, in particolare mi è piaciuto il dualismo fra sospettato ed inquirente che - come in una partita a scacchi - si fronteggiano abilmente alla ricerca di un escamotage per ribaltare gli esiti  di un'indagine il cui finale sembra essere stato scritto sin dalle prime pagine.
Si sente molto Simenon in questa lettura, che si fa piacevole e profonda in un crescendo che condurrà ad un inaspettato colpo di scena.
POLIZIESCO DI PROVINCIA, UN CLASSICO CHE NON RISENTE DELLE MODE
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Il libro in una frase
"Buonasera, Adèle" disse quando fu a pochi metri di distanza. Si fermò non perché lo desiderasse, ma perché sarebbe stato indelicato oltrepassarla come se non fosse stata altro che una cameriera indegna di qualche convenevole. "Buonasera, Manfred" rispose lei. Manfred scoprì che la ragazza conosceva il suo nome di battesimo. E il fatto che lo avesse usato, implicava una certa confidenza tra loro"

Verso Nord -Willy Wlautin

VERSO NORD Autore: Willy Vlautin Editore: Jimenez – Collana Narrativa Anno edizione: 2022 Anno prima edizione in lingua originale:...