giovedì 31 marzo 2022

Il francese di Massimo Carlotto



IL FRANCESE

Autore: Massimo Carlotto

Editore: Mondadori - Collana Giallo

Anno edizione: 2022

Genere: Giallo e Noir

Pagine: 184

Valutazione: 4*

Consigliato: a chi non ha paura di sporcarsi le mani con la realtà

Toni Zanchetta detto Il Francese è uno sfruttatore che – dopo un periodo di apprendistato violento a Milano, alle dipendenze della malavita dell’est – si mette in proprio e organizza un giro di prostituzione. Le sue ragazze hanno ciascuna un nome francese e interpretano un ruolo che corrisponde all’immaginario sessuale degli affezionati fruitori. La maison di Zanchetta è di livello superiore, sofisticata ed esotica, niente adescamento sulle strade o in sordidi postriboli. La sua clientela è benestante e le richieste, per quanto perverse e di complessa realizzazione, sono sempre esaudite e profumatamente compensate.

Toni si crede un uomo moderno e illuminato – un “macrò” ama definirsi – perché lascia alle protette la metà dell’incasso e le sprona a trovarsi un marito ricco e accondiscendente a fine carriera.

“Chiamarli magnaccia, papponi, lenoni, ruffiani era il minimo. Lui era diverso: era un macrò. O almeno, questa era l’immagine che si era faticosamente costruito, ma non era certo che i frequentatori della sua maison, anche i più assidui, avessero colto la differenza”.

Non lo sfiora minimamente il dubbio che dietro la scelta delle donne ci sia un passato doloroso, o quantomeno non se ne preoccupa. Non ricorre alla violenza fisica, il che ai suoi occhi lo scagiona da molte responsabilità e inevitabili sensi di colpa: sono lontani i tempi in cui si affidava alle maniere forti, non lesinando colpi di racchetta alla malcapitata di turno dimostratasi recalcitrante a seguire le regole.

Il tranquillo ménage della casa di appuntamenti viene sconvolto dalla scomparsa di Claire, una delle demoiselle, che si volatilizza poco dopo essere stata accompagnata in un hotel dove è attesa. E’ il punto di svolta, questa sparizione: la polizia da subito lo sospetta e gli indizi, per quanto non convergenti sulla sua persona, portano le indagini a scoperchiare i poco commendevoli servizi che Zanchetta propone.

Toni reagisce cercando di costruirsi un alibi convincente e in questo tentativo finisce con l’incartarsi, stretto fra la presenza ingombrante della commissaria Ardizzone, incaricata del caso, e quella altrettanto pervasiva della mala serba, che vuole sfilargli da sotto il naso il giro di affari.

La soluzione del giallo della sparizione di Claire non rappresenterà altro che il punto di partenza di una nuova fase della vita di Zanchetta, che avrà modo di riconsiderare se stesso e il proprio ruolo nell’ambiente malavitoso.

Ancora una volta Carlotto ci regala un personaggio scomodo, un uomo squallido, profondamente fragile e infelice, che non suscita alcuna simpatia e che contiene in sé tutte le contraddizioni della nostra società. Toni Zanchetta è la versione cattiva di Bonamente Fanzago de “La signora del martedì”, pornodivo in disarmo – depresso ed emotivamente instabile - ridotto a fare il gigolò per arrotondare, che si innamora come un adolescente della donna che compra i suoi servizi. Sono due personaggi complementari perfetti per raccontare il disagio che sta attraversando l’universo maschile nel mondo contemporaneo.

Da vero e indiscusso maestro del genere, l’autore si prende il rischio di far ruotare tutta la storia esclusivamente attorno alla figura del Francese, che non ha comprimari all’altezza della sua intensità: Zanchetta divide la scena solo con l’altra grande protagonista dei romanzi di Carlotto, la provincia italiana dei vizi privati e delle pubbliche virtù.

La prosa è iperrealista, con dialoghi efficaci e intensi che danno il ritmo alla narrazione, in terza persona, del mondo della prostituzione. L’autore si fa interprete della realtà e, senza facili giudizi, tenendosi lontano da considerazioni moralistiche, evitando volutamente un approccio sociologico, intellettuale e inquisitorio - squarcia il velo di perbenismo e pruderie che circonda questo ambiente: lo racconta, e lo fa molto bene, con una scrittura anche cruda, a tratti brutale, da cui tuttavia traspare la sua sensibilità di uomo e di libero pensatore.

< “Le donne dovrebbero tenersi il novanta per cento del guadagno e chi gestisce il giro il resto. Una quota d’agenzia, come nello spettacolo.”

“Questa cazzata delle sex workers l’ho già sentita” sbottò il macrò dirigendosi verso la porta, … “Donne che vendono sesso e non il proprio corpo, libere di gestirsi”>

E’ più colpevole chi organizza il sordido mercimonio, sfruttando la disperazione delle donne, o chi chiude gli occhi e – pur nella posizione di intervenire e fare la differenza – lascia fiorire questo indegno traffico di vite? E il mondo dei/delle sex workers - che scelgono di vendere sesso al di fuori di un contesto di sfruttamento - è da considerarsi eticamente più accettabile?

Domande scomode, che nella migliore tradizione della letteratura noir gettano un seme nella coscienza di chi legge senza timore di sporcarsi le mani con la realtà.

Il libro in una citazione

“… le chiacchiere della gente [che] non risparmiavano niente e nessuno. Erano negozianti, impiegati, pensionati con la fedina pulita – quello era il mondo reale, esattamente lo stesso che lo aveva stipendiato in quei tanti anni, e che accettava il suo ruolo nella società. Tutto il resto era fuffa”



Ragazza, donna, altro - Bernardine Evaristo


RAGAZZA, DONNA, ALTRO

Autore: Bernardine Evaristo

Traduttore: Martina Testa

Editore: BIGSUR

Anno prima edizione in lingua originale (UK): 2019

Anno edizione italiana: 2020

Genere: Narrativa UK contemporanea

Pagine: 523

Valutazione: 4*

Consigliato: a chi è sensibile al tema del superamento degli stereotipi di genere, e anche a chi non si è mai interrogato sul tema poiché i tempi sono maturi per iniziare a discuterne seriamente a ogni livello della società civile; agli insegnanti, perché lo propongano a scuola nei percorsi di educazione civica; ai genitori, per imparare a decodificare la grammatica dei sentimenti delle nuove generazioni; ai più giovani, perché guardino con rispetto e gratitudine alle fatiche di chi li ha preceduti sul sentiero della vita; a chi non ha ben chiaro che la multietnicità è una risorsa preziosa. A tutti.

 

Londra, tempo presente. Amma Bonsu è una regista nera, orgogliosamente omosessuale e paladina dei diritti delle minoranze che – dopo anni spesi ad allestire spettacoli di nicchia e di scarso successo – riesce finalmente ad allestire presso il prestigioso National Theatre, il tempio del teatro nella capitale britannica, il suo testo “L’ultima amazzone del Dahomey” ispirato alle gesta di un gruppo di guerriere del Benin, storicamente documentato.

Amma vive la sessualità in modo disinibito. Figlia di quel movimento femminista di liberazione che ha aperto la strada alle rivendicazioni dei giorni nostri, è anche madre di Yazz – tenera e forte, bizzosa come tutti gli adolescenti e desiderosa di realizzarsi nel lavoro. Amma non si è mai fatta scrupolo di amare liberamente, passando con spregiudicatezza da una relazione all’altra e decidendo di sublimare il desiderio di genitorialità ricorrendo al seme di un amico gay, Roland, cattedratico, scrittore e opinionista.

La sera del debutto – che sarà un trionfo di pubblico e critica – è l’occasione per rivedere molti amici e conoscenti che hanno gravitato – direttamente o indirettamente – attorno ad Amma.

Il palcoscenico della vita e quello teatrale si sovrappongono: il foyer diventa il crocevia di tante esistenze e da questo spunto nasce un carosello di racconti di dodici donne, afroamericane, bianche, lesbiche, bisessuali, eterosessuali, transessuali o fieramente intenzionate a non essere classificate secondo uno stereotipo di genere, tutte accomunate da un vissuto complesso.

C’è un triplice livello di difficoltà che queste protagoniste hanno affrontato: il trauma dell’emigrazione dai paesi poveri, Africa o Caraibi per lo più; l’adattamento allo stile di vita europeo che ha fatto seguito allo strappo culturale dalle tradizioni e costumi dei luoghi d’origine; il dilemma interiore, sfociato in aperta protesta, quando si è trattato di scegliere fra essere coerenti con il proprio orientamento sessuale o essere accettate per assimilazione, rinunciando a una parte di sé.

Ogni capitolo è dedicato a una protagonista di cui si ripercorrono le traversie familiari, professionali, sentimentali; viene posto l’accento sul contesto sociale  –  il tatcherismo, la crisi economica degli anni Novanta, le lotte sindacali, la Brexit - e sul contrasto tra gli ambienti urbani e suburbani, moderatamente accoglienti in ragione del gran numero di migranti in transito, e le aree rurali, particolarmente ostiche ad accogliere lo straniero e più in generale ciò che è percepito come diverso o anche semplicemente inusuale.

Bernardine Evaristo – autrice anglo-nigeriana con alle spalle una cospicua produzione di testi teatrali e di romanzi, da sempre attivista impegnata nella valorizzazione degli artisti di colore – mette a nudo le “sue” donne: le fa parlare a ruota libera, senza filtri, grazie a un flusso di coscienza ininterrotto, a tratti intimo e dolente, sempre iperrealista - in cui sapientemente alterna la prima e la terza persona singolare.

La tecnica narrativa è sperimentale e anticonvenzionale, si passa da un racconto all’altro senza soluzione di continuità.

L’autrice suddivide i capitoli in paragrafi brevi e omette buona parte della punteggiatura, in tal modo conferendo un andamento poetico all’avvicendarsi delle testimonianze: le pause sono scandite dalla scelta di andare a capo senza punti, virgole, maiuscole, virgolette per il discorso diretto, lasciando ai lettori, che si affacciano nell’universo delle protagoniste, il compito di interiorizzare il ritmo della narrazione. Quest’ultima a volte si fa convulsa – quando il ricordo corre a momenti tragici o dolorosi (dal capitolo Carole):

“Carole sentì altre voci

[…]

poi si ritrovò con la schiena a terra, erba umida sotto la schiena nuda, le braccia e le gambe, aveva sonno, avrebbe voluto farsi giusto cinque minutini di sonno, le si chiudevano gli occhi, e quando li riaprì non vedeva niente, l’avevano bendata, le tenevano le braccia ferme sopra la testa

come le erano spariti di dosso i vestiti?

poi

il

suo

corpo

non

fu

più

suo

diventò

una

cosa

loro

e lei, che amava i numeri, disimparò a contare…”

 

Altre volte si fa più lenta, lirica e ispirata, quando l’attenzione si sposta sul lavorio interiore cui ogni personaggio, dalla semplice contadina alla donna in carriera, si sta sottoponendo per dare un senso al proprio percorso (dal capitolo Bummi):

“Bummi si ricorda di quando sua mamma fece fagotto e fuggì da Opolo, sul Delta del Niger

dopo che il padre di Bummi, Moses, era saltato in aria mentre raffinava clandestinamente del combustibile

diesel

riscaldare barili di petrolio greggio in mezzo alle paludi era pericoloso se uno si metteva troppo vicino alle fiamme in quegli stabilimenti fatti in casa…

[…]

quando il padre di Bummi morì, del pezzo di terra che possedeva, dove coltivavano cassava e ignami, si impadronirono i suoi parenti, sotto gli occhi di tutti

eri la moglie di fatto, non la moglie legale, urlarono a Iyatunde, calando in massa sulla sua capanna dopo il funerale

sciò, sciò, adesso te ne vai via, qui è tutto nostro, non ti vogliamo più vedere, qua non c’entri più niente!

Bummi ricorda la lunga camminata con mamma nella foresta fino a casa dei nonni

portando tutti i loro averi in due ceste sulla testa”

 

“Ragazza, donna, altro” – vincitore del prestigioso Booker Prize nel 2019 - è un’opera audace nello stile ma soprattutto nel messaggio; non vuole essere un pamphlet che chiama alla crociata femminista, mira piuttosto ad affermare la necessità del rispetto e dell’accettazione delle differenze.

Non è un elogio della diversità fino a se stesso quanto un invito alla presa di coscienza della preziosa unicità di ciascun membro della famiglia umana.

E’ un romanzo politico nel senso più alto e nobile del termine.

Nel finale il filo dei dodici racconti si chiude con un escamotage narrativo brillante, lasciando al lettore il tempo di emozionarsi ma anche di sorprendersi.

 

Il libro in una citazione

“tu hai sofferto davvero, dice Yazz, mi dispiace, e non lo dico con paternalismo, ti giuro, è proprio empatia

io non ho sofferto, in fondo, mia madre e mia nonna sì perché hanno perso la loro famiglia e la loro terra, ma la mia sofferenza è più che altro una questione mentale

non è una questione mentale quando la gente ti aggredisce per strada

invece sì, in confronto al mezzo milione di somali che sono morti nella guerra civile, io sono nata qui e in questo paese ce la farò, non posso permettermi di non farmi il culo, lo so che sarà tosta quando arrivo sul mercato del lavoro ma sai una cosa Yazz? io non sono una vittima, non trattarmi mai come una vittima, mia madre non mi ha cresciuta per farmi diventare una vittima”


https://www.letsbook.org/2022/03/18/ragazza-donna-altro/


 


martedì 8 marzo 2022

La volontà del male - Dan Chaon


LA VOLONTA’ DEL MALE

Autore: Dan Chaon

Traduzione: Silvia Castoldi

Editore: NNE

Anno edizione: 2019

Genere: Thriller, Narrativa USA contemporanea

Pagine: 478

Valutazione: 3,5*

Consigliato: a chi ha l’audacia di affrontare a viso aperto il lato oscuro che alberga nel proprio cuore e in quello di chi lo circonda

Cleveland, Ohio. Dustin Tillman è uno psicologo che ha studiato a fondo il fenomeno delle sette religiose e degli abusi rituali satanici.

Nel passato del protagonista c’è un episodio drammatico, finito in cronaca nera: la sua famiglia, madre, padre e zii, è stata sterminata dal fratello adottivo di Dustin, Russell Bikers detto Rusty.

Rusty è stato condannato all’ergastolo proprio grazie alla testimonianza di Dustin e a quella della cugina Kate. Solo Waverly, gemella di Kate, non ha avvalorato la tesi dei due ragazzi – subito fatta propria dalla procura – circa la colpevolezza di Rusty: la sua ricostruzione degli eventi, tuttavia, è stata giudicata frammentaria e lacunosa, viziata dallo stato di shock in cui la ragazzina si è rinchiusa nell’immediatezza dei fatti e pertanto non le è stato dato nessun credito.

Del resto, il profilo psicologico del giovane Bikers ne faceva un perfetto colpevole: orfano, padre sconosciuto, madre tossicodipendente e dedita alla prostituzione, suicida in carcere, viene affidato dai Servizi Sociali a una coppia misteriosamente deceduta, poco dopo l’ingresso del ragazzo in famiglia, nel corso di un incendio doloso i cui responsabili non verranno mai individuati.

Rusty, accolto dai Tillman, è un adolescente schivo e ombroso: affascinato dall’occulto, se ne va a zonzo senza combinare nulla, disegnando pentacoli, inneggiando al demonio e mettendo in scena rituali macabri che terrorizzano il fratellino, emotivo e impressionabile per naturale inclinazione.

“Dustin … da tempo aveva l’abitudine di perdersi in ellissi, di annaspare in silenzi sempre più lunghi alla ricerca della parola giusta, senza trovarla. Distratto, continuamente distratto, forse al punto che qualcosa non andava nel suo cervello”.

Dopo circa trent’anni, grazie a un’associazione che si batte contro gli errori giudiziari, il caso viene riaperto e Rusty completamente scagionato. Uscito di prigione, il timore che voglia ripresentarsi alla porta dei familiari e chiedere conto delle ingiuste accuse mossegli da Kate e Dustin nel corso del processo è più che fondato.

Nel frattempo Dustin, da poco rimasto vedovo e alle prese con due figli problematici, viene coinvolto in un’indagine condotta da Aqil Ozorowski, ex poliziotto congedato per questioni disciplinari. Aqil sta investigando su una lunga serie di sparizioni di giovani studenti bianchi, trovati morti in corsi d’acqua non distanti dal luogo dell’ultimo avvistamento. Molti di questi casi hanno in comune diversi elementi che fanno supporre l’esistenza di un rituale nella loro preparazione e successiva esecuzione: c’è un serial killer, individuale o collettivo, a piede libero?

Quando anche uno dei figli di Dustin sparirà, senza lasciare traccia, il passato e il presente, il dramma personale sepolto nell’infanzia e quello delle famiglie dei giovani misteriosamente spariti si intrecceranno, fino a condurre il protagonista a un finale drammatico e multiforme.

Il romanzo si apre nel 1978 e termina nel 2014, snodandosi su due distinti piani temporali che si sovrappongono a più riprese: gli anni Ottanta, quando la famiglia Tillman viene sterminata, e gli anni Duemila, quando Dustin ormai adulto affronta i traumi infantili e le difficoltà del ruolo di padre e di vedovo. Anche l’Io narrante è mutevole: il narratore esterno a tratti lascia spazio all’utilizzo della prima o della seconda persona singolare, dando vita a un racconto corale, emotivo ed efficace.

Dustin sembra parlare con il lettore che funge da interlocutore più che da semplice spettatore del suo dramma:

“Ti senti osservato. Quella sensazione fisica, scopaesthesia, si chiama: il formicolio sulla nuca quando hai l’impressione che qualcuno che non riesci a vedere ti stia guardando. Spesso viene descritta come una sensazione spiacevole, uno zampettare di insetti millepiedi”.

E ancora:

“Esiste una parte del nostro cervello, l’amigdala, che sa cose che noi non sappiamo, ma non è capace di esprimersi a parole. Però è in grado di riconoscere il pericolo, ed è questo che provai quando vidi la faccia di Rusty”.

La scrittura è asciutta, incalzante, con numerose pause, omissioni della punteggiatura, ellissi e interruzioni improvvise dei periodi (vere e proprie cesure soprattutto del discorso diretto) volte a dare enfasi al flusso di pensieri che attraversa il protagonista, dilaniandolo, lasciandolo disorientato, attonito di fronte alla lenta presa di coscienza della profondità della tragedia che sta vivendo.

La volontà del male è un crime complesso, con frequenti richiami alla psicologia, alle neuroscienze e all’esoterismo ed è un affresco a tinte noir della provincia americana - l’Ohio, il Nebraska e il Colorado - quella dei bianchi poveri e senza prospettive reali di emancipazione dalle proprie miserie materiali, culturali ed esistenziali.

In questo senso travalica il genere thriller e i suoi limiti, grazie alla prospettiva sociologica con cui Dan Chaon tenta di dare un senso al fenomeno delle sette, dell’adescamento e della manipolazione delle menti fragili attraverso l’uso di droghe che – a partire dagli anni Sessanta e Settanta – ha fatto da filo conduttore di diversi episodi di cronaca negli Stati Uniti, e non solo, e da cui sono scaturiti studi e ricostruzioni giornalistiche, talvolta discutibili nelle premesse e controverse nei risultati.

E’ infine un racconto allucinato e senza redenzione sulle conseguenze del male come scelta di vita, sulla molteplicità delle interpretazioni che possono essere fornite del medesimo fatto storico e – in ultima analisi – sull’imperscrutabilità dell’abisso che abita le coscienze quando non vengono illuminate dalla luce salvifica dell’amore.

Il libro in una citazione

“Raccontiamo continuamente una storia a noi stessi, su noi stessi” aggiungeva. A volte faceva un gesto che sembrava quasi un tocco, anche se in realtà di rado la sua pelle arrivava a contatto con quella del paziente. “Ma possiamo controllare queste storie” proseguiva. “Ne sono convinto! Gli eventi della nostra vita hanno un senso perché siamo noi che scegliamo di darglielo”








Verso Nord -Willy Wlautin

VERSO NORD Autore: Willy Vlautin Editore: Jimenez – Collana Narrativa Anno edizione: 2022 Anno prima edizione in lingua originale:...