venerdì 8 luglio 2022

Verso Nord -Willy Wlautin




VERSO NORD

Autore: Willy Vlautin

Editore: Jimenez – Collana Narrativa

Anno edizione: 2022

Anno prima edizione in lingua originale: 2008             

Traduzione: Alessandro Agus

Genere: Narrativa USA moderna e contemporanea

Pagine: 217

Valutazione: 5*

Consigliato: a chi ama la narrativa americana, i romanzi a sfondo sociale; a chi vuole fare conoscenza con un personaggio indimenticabile                                                             

Nevada, anni Ottanta circa. Allison Jonson è una ventenne come tante, alcolizzata, priva di prospettive dopo l’abbandono della scuola senza avere ottenuto un diploma. Fa la cameriera nei bar di Las Vegas, città dove vive con la madre e con la sorella. Del padre – volatilizzatosi – non ha ricordi significativi.

Si barcamena in una relazione violenta, fatta di prevaricazioni crescenti, con Jimmy, tossicodipendente e simpatizzante dei gruppi suprematisti bianchi. Rimasta incinta, decide di lasciarsi alle spalle la famiglia e i pochi amici sballati che frequenta. Si trasferisce a Reno dove ricomincia da zero: mantenendo il silenzio sulla gravidanza, partorisce il bambino e lo dà in adozione tramite un Centro di assistenza per madri in difficoltà.

La solitudine è un demone da combattere tanto quanto la dipendenza dagli alcolici e le tendenze autolesioniste. Eppure Allison è una persona forte, non sfugge alle proprie responsabilità, si fa carico del dolore che la accompagna.

Impara a ricostruirsi, ad accettare i propri limiti ma anche a valorizzare i propri punti di forza. Nel suo percorso di rinascita si affida a una voce interiore sui generis: patita di cinema e in particolare di Paul Newman – di cui conosce l’intera filmografia – nei momenti di sconforto dialoga con Paul, che gli appare sornione come solo lui sa essere, incoraggiandola, blandendola, amandola teneramente.

I dialoghi fra Allison e la stella di Hollywood – in realtà monologhi interiori - sono di commovente autenticità, le pillole di saggezza che l’attore dispensa sono doni preziosi, hanno il potere di placare le paure della ragazza, il vuoto che morde le viscere là dove prima era cresciuto un figlio, infondendole fiducia nella possibilità di meritare il meglio.

E infatti Allison troverà l’amicizia, l’amore, la forza per riprendere gli studi e per pensare addirittura al College.

I personaggi di Vlautin si muovono su uno scenario di povertà, arretratezza culturale e pregiudizi razziali; non è l’America stereotipata quella che ci racconta, in cui la realizzazione dei desideri è garantita ai coraggiosi e agli intraprendenti: è quella degli ultimi, di chi vive a margine del sogno americano e pure ne viene sedotto.

Verso Nord è un romanzo che – come i quadri di Hopper – si concentra sulle assenze più che sulle presenze. La casa materna di Allison, il bar del casinò in cui lavora prima di lasciare Las Vegas, la tavola calda di Reno, il suo appartamento sono luoghi metafisici in cui la vita scorre tra le dita dei protagonisti senza che ne colgano il senso, o meglio la direzione.

E allora partire, lasciarsi tutto alle spalle, andare a Nord, tracciare una linea retta tra due punti che segni il tragitto più breve verso nuove prospettive diventa l’imperativo esistenziale per chi sa che il futuro, dopotutto, è a portata di mano, se solo non ci si arrende al primo giro di carte sfortunate distribuite dal destino.

Verso Nord è anche un romanzo sulle seconde possibilità: i personaggi sono figli di un Dio minore - pedine svantaggiate di un gioco spietato architettato dal Fato o chi per esso – eppure affascinati anche solo dal dubbio che l’amore sia un’ipotesi plausibile e una strada praticabile.

Il racconto è in terza persona, con frequente uso di dialoghi, snelli, efficaci e carichi di significato; il linguaggio è esso stesso strumento per delineare la psicologia dei personaggi, l’estrazione sociale e il vissuto complesso, nella migliore tradizione del romanzo americano novecentesco.

Nella scrittura di Vlautin si avvertono echi di molteplici voci della narrativa americana, rielaborate tuttavia in maniera originale; c’è la prosa scarna e iperrealista di Steinbeck, ma anche la forza delle descrizioni degli elementi della natura di Annie Proulx, lo sguardo critico di Joyce Carol Oates e di Chris Offutt nei confronti del potere pubblico - che si dimentica degli sfruttati e dei deboli – ma soprattutto il disperato vuoto e i deliri psicotici dei diseredati affamati d’amore di Flannery O’Connor.

Il realismo di Vlautin – l’attenzione al contesto sociale, la descrizione anche cruda di alcuni snodi della vicenda – è mediato dal suo sguardo accudente: non c’è pregiudizio, neppure per chi si macchi delle condotte più abbiette, c’è attenzione e compartecipazione emotiva, nel tentativo se non di spiegare la violenza che alberga nel lato più oscuro dell’essere umano, quanto meno di capire quali siano le cause scatenanti.

Un inno intimo e dolente - ma nel contempo incredibilmente universale - alla forza della vita.

Il libro in una citazione “Che razza di persona bisogna essere per fare quello che ho fatto io? Quella ragazza, vorrei essere quella ragazza. Vorrei essere lei. Lei sì che è una che non si arrende. Non manda a puttane la sua vita come ho fatto io. Vorrei solo sparire. Mi chiedo ogni giorno dove sia, mi chiedo cosa stia facendo. Ogni volta che mi guardo vedo lui. Ogni volta che mi spoglio, vedo lui”




lunedì 2 maggio 2022

Gli scellerati - Fréderic Dard

 

GLI SCELLERATI

Autore: Frédéric Dard

Editore: Rizzoli – Collana Nero

Prima edizione in lingua originale: 1959

Anno edizione: 2022

Genere: Giallo e Noir

Pagine: 184

Valutazione: 5*

Consigliato: a chi – in letteratura – preferisce i personaggi cattivi e senza redenzione

Anni Cinquanta. A Léopoldville – un anonimo sobborgo parigino, abitato per lo più da famiglie operaie - vive Louise, diciassettenne irrequieta e volitiva, desiderosa di affrancarsi dalla provincia e da un noioso lavoro in fabbrica. Non va meglio il suo privato: la madre è una donna sciatta e trascurata che convive con un rammollito, alcolista e nullafacente.

Ci sono tutti gli estremi per voler fuggire da una condizione così grigia e desolata e Louise coglie l’occasione quando trova un nuovo impiego come colf presso la famiglia Rooland.

“Non so dirvi come mi sia venuta l’idea. Sapete cos’è un’illuminazione? É come un raggio di sole che ti ferisce gli occhi senza capire esattamente da dove venga.

Una sera, giunta davanti a casa di Arthur, mi sono resa conto che di sole, appunto, ce n’era solo dai Rooland”

I Rooland sono americani: Jess presta servizio a Rocquencourt presso il quartier generale della NATO, mentre Thelma passa la giornata sola, per lo più gingillandosi nel suo benessere ed esagerando con il vino e il fumo.

Scatta una fascinazione reciproca tra i due e la ragazza, che lentamente prende confidenza con i complessi meccanismi di una coppia di mezza età, ricca, annoiata e desiderosa di rinverdire con qualche éscamotage un matrimonio ormai privo di slanci.

“Perché [il signor Rooland] sentiva il bisogno di parlarmi? E perché continuava a ripetermi quella domanda stupida? Certo che stavo bene! Stavo benissimo sulla sua auto”

E ancora:

“La signora si era cambiata. Al posto dei calzoncini e della camicetta, indossava un accappatoio di spugna bianco a righe gialle e verdi, e si intuiva facilmente che sotto era completamente nuda. Era stravaccata sul divano del soggiorno, con una gamba all’aria. Sul pavimento c’era il giradischi automatico da cui proveniva la voce di Elvis Presley che cantava Loving You.

 < Hello!> ci ha detto semplicemente …”

Tra cene eleganti, rivelazioni intime, sguardi voluttuosi e complicità negate, Louise entra in un gioco pericoloso, da cui sembra essere travolta quando scatta il sentimento – forse ricambiato, forse no - nei confronti di Jess.

Ma è noto che un lungo matrimonio è un’entità complessa e indecifrabile: Louise – un po’ Lolita un po’ ingenua – non tarda a fare i conti con la realtà misera e spregevole che sta dietro l’immagine di un’unione modello.

In un climax crescente di eventi e confessioni di pulsioni nascoste, Louise, Jess e Thelma rinsaldano un legame di dipendenza vicendevole, tossico e patologico, che si manifesta in tutta la sua drammaticità dopo un tragico incidente stradale che coinvolge gli sposi.

Chi è Louise? Un’adolescente timida e impreparata alla vita o una scaltra manipolatrice?

Chi è Jess? Un uomo irreprensibile e saggio, succube del senso di responsabilità che prova nei confronti della moglie, oppure un perverso corruttore di minorenni?

Chi è Thelma? Una donna fiaccata da vizi e debolezze o una perfida e sensuale femme fatale pronta ai giochi più laidi per dimostrare il potere che esercita sugli uomini?

Il romanzo – relativamente breve – è scritto in prima persona: è Louise a raccontare la discesa agli inferi dei protagonisti, che intrecciano il più classico dei ménage à trois. Lo stile è essenziale, il linguaggio privo di sovrastrutture – come del resto lo è il personaggio di Louise. Il discorso diretto – quando è utilizzato – è molto efficace, le frasi sono snelle, le osservazioni della protagonista sagaci e schiette.

Il finale svelerà al lettore solo all’ultima frase dell’ultimo capitolo – nella migliore tradizione del genere - l’amara e inimmaginabile verità, facendo di quest’opera un perfetto esempio di dramma d’amore e morte.

Frédéric Charles Antoine Dard (1921-2000) è stato uno scrittore contemporaneo di Georges Simenon, e da quest’ultimo molto apprezzato. Autore di romanzi a partire dagli anni Quaranta, è un vero maestro del genere noir. Creatore fra l’altro della prolifica e fortunata serie del Commissario Sanantonio, nel 1957 fu insignito del prestigioso Grand Prix de la Littérature Policière.

Rizzoli ha recentemente ripubblicato – con una cover accattivante e curata e un formato ridotto che ricorda le collane acquistate in edicola – “Il Montacarichi” (2019) e “I Bastardi vanno all’inferno” (2021), ottimi esempi della sua prosa asciutta, arguta, ironica e spiazzante.

Il libro in una citazione

“In quel periodo, era come se avessi il presentimento di quello che stava per succedere. Giorno per giorno, qualcosa in me si trasformava. A dire il vero, credo fosse il mio modo di concepire la vita. Niente ormai mi pareva semplice. Ogni istante della giornata portava con sé un carico di inquietudine, ogni evento – anche il più banale, il più comune – un problema”

https://www.letsbook.org/2022/04/11/gli-scellerati/


giovedì 31 marzo 2022

Il francese di Massimo Carlotto



IL FRANCESE

Autore: Massimo Carlotto

Editore: Mondadori - Collana Giallo

Anno edizione: 2022

Genere: Giallo e Noir

Pagine: 184

Valutazione: 4*

Consigliato: a chi non ha paura di sporcarsi le mani con la realtà

Toni Zanchetta detto Il Francese è uno sfruttatore che – dopo un periodo di apprendistato violento a Milano, alle dipendenze della malavita dell’est – si mette in proprio e organizza un giro di prostituzione. Le sue ragazze hanno ciascuna un nome francese e interpretano un ruolo che corrisponde all’immaginario sessuale degli affezionati fruitori. La maison di Zanchetta è di livello superiore, sofisticata ed esotica, niente adescamento sulle strade o in sordidi postriboli. La sua clientela è benestante e le richieste, per quanto perverse e di complessa realizzazione, sono sempre esaudite e profumatamente compensate.

Toni si crede un uomo moderno e illuminato – un “macrò” ama definirsi – perché lascia alle protette la metà dell’incasso e le sprona a trovarsi un marito ricco e accondiscendente a fine carriera.

“Chiamarli magnaccia, papponi, lenoni, ruffiani era il minimo. Lui era diverso: era un macrò. O almeno, questa era l’immagine che si era faticosamente costruito, ma non era certo che i frequentatori della sua maison, anche i più assidui, avessero colto la differenza”.

Non lo sfiora minimamente il dubbio che dietro la scelta delle donne ci sia un passato doloroso, o quantomeno non se ne preoccupa. Non ricorre alla violenza fisica, il che ai suoi occhi lo scagiona da molte responsabilità e inevitabili sensi di colpa: sono lontani i tempi in cui si affidava alle maniere forti, non lesinando colpi di racchetta alla malcapitata di turno dimostratasi recalcitrante a seguire le regole.

Il tranquillo ménage della casa di appuntamenti viene sconvolto dalla scomparsa di Claire, una delle demoiselle, che si volatilizza poco dopo essere stata accompagnata in un hotel dove è attesa. E’ il punto di svolta, questa sparizione: la polizia da subito lo sospetta e gli indizi, per quanto non convergenti sulla sua persona, portano le indagini a scoperchiare i poco commendevoli servizi che Zanchetta propone.

Toni reagisce cercando di costruirsi un alibi convincente e in questo tentativo finisce con l’incartarsi, stretto fra la presenza ingombrante della commissaria Ardizzone, incaricata del caso, e quella altrettanto pervasiva della mala serba, che vuole sfilargli da sotto il naso il giro di affari.

La soluzione del giallo della sparizione di Claire non rappresenterà altro che il punto di partenza di una nuova fase della vita di Zanchetta, che avrà modo di riconsiderare se stesso e il proprio ruolo nell’ambiente malavitoso.

Ancora una volta Carlotto ci regala un personaggio scomodo, un uomo squallido, profondamente fragile e infelice, che non suscita alcuna simpatia e che contiene in sé tutte le contraddizioni della nostra società. Toni Zanchetta è la versione cattiva di Bonamente Fanzago de “La signora del martedì”, pornodivo in disarmo – depresso ed emotivamente instabile - ridotto a fare il gigolò per arrotondare, che si innamora come un adolescente della donna che compra i suoi servizi. Sono due personaggi complementari perfetti per raccontare il disagio che sta attraversando l’universo maschile nel mondo contemporaneo.

Da vero e indiscusso maestro del genere, l’autore si prende il rischio di far ruotare tutta la storia esclusivamente attorno alla figura del Francese, che non ha comprimari all’altezza della sua intensità: Zanchetta divide la scena solo con l’altra grande protagonista dei romanzi di Carlotto, la provincia italiana dei vizi privati e delle pubbliche virtù.

La prosa è iperrealista, con dialoghi efficaci e intensi che danno il ritmo alla narrazione, in terza persona, del mondo della prostituzione. L’autore si fa interprete della realtà e, senza facili giudizi, tenendosi lontano da considerazioni moralistiche, evitando volutamente un approccio sociologico, intellettuale e inquisitorio - squarcia il velo di perbenismo e pruderie che circonda questo ambiente: lo racconta, e lo fa molto bene, con una scrittura anche cruda, a tratti brutale, da cui tuttavia traspare la sua sensibilità di uomo e di libero pensatore.

< “Le donne dovrebbero tenersi il novanta per cento del guadagno e chi gestisce il giro il resto. Una quota d’agenzia, come nello spettacolo.”

“Questa cazzata delle sex workers l’ho già sentita” sbottò il macrò dirigendosi verso la porta, … “Donne che vendono sesso e non il proprio corpo, libere di gestirsi”>

E’ più colpevole chi organizza il sordido mercimonio, sfruttando la disperazione delle donne, o chi chiude gli occhi e – pur nella posizione di intervenire e fare la differenza – lascia fiorire questo indegno traffico di vite? E il mondo dei/delle sex workers - che scelgono di vendere sesso al di fuori di un contesto di sfruttamento - è da considerarsi eticamente più accettabile?

Domande scomode, che nella migliore tradizione della letteratura noir gettano un seme nella coscienza di chi legge senza timore di sporcarsi le mani con la realtà.

Il libro in una citazione

“… le chiacchiere della gente [che] non risparmiavano niente e nessuno. Erano negozianti, impiegati, pensionati con la fedina pulita – quello era il mondo reale, esattamente lo stesso che lo aveva stipendiato in quei tanti anni, e che accettava il suo ruolo nella società. Tutto il resto era fuffa”



Ragazza, donna, altro - Bernardine Evaristo


RAGAZZA, DONNA, ALTRO

Autore: Bernardine Evaristo

Traduttore: Martina Testa

Editore: BIGSUR

Anno prima edizione in lingua originale (UK): 2019

Anno edizione italiana: 2020

Genere: Narrativa UK contemporanea

Pagine: 523

Valutazione: 4*

Consigliato: a chi è sensibile al tema del superamento degli stereotipi di genere, e anche a chi non si è mai interrogato sul tema poiché i tempi sono maturi per iniziare a discuterne seriamente a ogni livello della società civile; agli insegnanti, perché lo propongano a scuola nei percorsi di educazione civica; ai genitori, per imparare a decodificare la grammatica dei sentimenti delle nuove generazioni; ai più giovani, perché guardino con rispetto e gratitudine alle fatiche di chi li ha preceduti sul sentiero della vita; a chi non ha ben chiaro che la multietnicità è una risorsa preziosa. A tutti.

 

Londra, tempo presente. Amma Bonsu è una regista nera, orgogliosamente omosessuale e paladina dei diritti delle minoranze che – dopo anni spesi ad allestire spettacoli di nicchia e di scarso successo – riesce finalmente ad allestire presso il prestigioso National Theatre, il tempio del teatro nella capitale britannica, il suo testo “L’ultima amazzone del Dahomey” ispirato alle gesta di un gruppo di guerriere del Benin, storicamente documentato.

Amma vive la sessualità in modo disinibito. Figlia di quel movimento femminista di liberazione che ha aperto la strada alle rivendicazioni dei giorni nostri, è anche madre di Yazz – tenera e forte, bizzosa come tutti gli adolescenti e desiderosa di realizzarsi nel lavoro. Amma non si è mai fatta scrupolo di amare liberamente, passando con spregiudicatezza da una relazione all’altra e decidendo di sublimare il desiderio di genitorialità ricorrendo al seme di un amico gay, Roland, cattedratico, scrittore e opinionista.

La sera del debutto – che sarà un trionfo di pubblico e critica – è l’occasione per rivedere molti amici e conoscenti che hanno gravitato – direttamente o indirettamente – attorno ad Amma.

Il palcoscenico della vita e quello teatrale si sovrappongono: il foyer diventa il crocevia di tante esistenze e da questo spunto nasce un carosello di racconti di dodici donne, afroamericane, bianche, lesbiche, bisessuali, eterosessuali, transessuali o fieramente intenzionate a non essere classificate secondo uno stereotipo di genere, tutte accomunate da un vissuto complesso.

C’è un triplice livello di difficoltà che queste protagoniste hanno affrontato: il trauma dell’emigrazione dai paesi poveri, Africa o Caraibi per lo più; l’adattamento allo stile di vita europeo che ha fatto seguito allo strappo culturale dalle tradizioni e costumi dei luoghi d’origine; il dilemma interiore, sfociato in aperta protesta, quando si è trattato di scegliere fra essere coerenti con il proprio orientamento sessuale o essere accettate per assimilazione, rinunciando a una parte di sé.

Ogni capitolo è dedicato a una protagonista di cui si ripercorrono le traversie familiari, professionali, sentimentali; viene posto l’accento sul contesto sociale  –  il tatcherismo, la crisi economica degli anni Novanta, le lotte sindacali, la Brexit - e sul contrasto tra gli ambienti urbani e suburbani, moderatamente accoglienti in ragione del gran numero di migranti in transito, e le aree rurali, particolarmente ostiche ad accogliere lo straniero e più in generale ciò che è percepito come diverso o anche semplicemente inusuale.

Bernardine Evaristo – autrice anglo-nigeriana con alle spalle una cospicua produzione di testi teatrali e di romanzi, da sempre attivista impegnata nella valorizzazione degli artisti di colore – mette a nudo le “sue” donne: le fa parlare a ruota libera, senza filtri, grazie a un flusso di coscienza ininterrotto, a tratti intimo e dolente, sempre iperrealista - in cui sapientemente alterna la prima e la terza persona singolare.

La tecnica narrativa è sperimentale e anticonvenzionale, si passa da un racconto all’altro senza soluzione di continuità.

L’autrice suddivide i capitoli in paragrafi brevi e omette buona parte della punteggiatura, in tal modo conferendo un andamento poetico all’avvicendarsi delle testimonianze: le pause sono scandite dalla scelta di andare a capo senza punti, virgole, maiuscole, virgolette per il discorso diretto, lasciando ai lettori, che si affacciano nell’universo delle protagoniste, il compito di interiorizzare il ritmo della narrazione. Quest’ultima a volte si fa convulsa – quando il ricordo corre a momenti tragici o dolorosi (dal capitolo Carole):

“Carole sentì altre voci

[…]

poi si ritrovò con la schiena a terra, erba umida sotto la schiena nuda, le braccia e le gambe, aveva sonno, avrebbe voluto farsi giusto cinque minutini di sonno, le si chiudevano gli occhi, e quando li riaprì non vedeva niente, l’avevano bendata, le tenevano le braccia ferme sopra la testa

come le erano spariti di dosso i vestiti?

poi

il

suo

corpo

non

fu

più

suo

diventò

una

cosa

loro

e lei, che amava i numeri, disimparò a contare…”

 

Altre volte si fa più lenta, lirica e ispirata, quando l’attenzione si sposta sul lavorio interiore cui ogni personaggio, dalla semplice contadina alla donna in carriera, si sta sottoponendo per dare un senso al proprio percorso (dal capitolo Bummi):

“Bummi si ricorda di quando sua mamma fece fagotto e fuggì da Opolo, sul Delta del Niger

dopo che il padre di Bummi, Moses, era saltato in aria mentre raffinava clandestinamente del combustibile

diesel

riscaldare barili di petrolio greggio in mezzo alle paludi era pericoloso se uno si metteva troppo vicino alle fiamme in quegli stabilimenti fatti in casa…

[…]

quando il padre di Bummi morì, del pezzo di terra che possedeva, dove coltivavano cassava e ignami, si impadronirono i suoi parenti, sotto gli occhi di tutti

eri la moglie di fatto, non la moglie legale, urlarono a Iyatunde, calando in massa sulla sua capanna dopo il funerale

sciò, sciò, adesso te ne vai via, qui è tutto nostro, non ti vogliamo più vedere, qua non c’entri più niente!

Bummi ricorda la lunga camminata con mamma nella foresta fino a casa dei nonni

portando tutti i loro averi in due ceste sulla testa”

 

“Ragazza, donna, altro” – vincitore del prestigioso Booker Prize nel 2019 - è un’opera audace nello stile ma soprattutto nel messaggio; non vuole essere un pamphlet che chiama alla crociata femminista, mira piuttosto ad affermare la necessità del rispetto e dell’accettazione delle differenze.

Non è un elogio della diversità fino a se stesso quanto un invito alla presa di coscienza della preziosa unicità di ciascun membro della famiglia umana.

E’ un romanzo politico nel senso più alto e nobile del termine.

Nel finale il filo dei dodici racconti si chiude con un escamotage narrativo brillante, lasciando al lettore il tempo di emozionarsi ma anche di sorprendersi.

 

Il libro in una citazione

“tu hai sofferto davvero, dice Yazz, mi dispiace, e non lo dico con paternalismo, ti giuro, è proprio empatia

io non ho sofferto, in fondo, mia madre e mia nonna sì perché hanno perso la loro famiglia e la loro terra, ma la mia sofferenza è più che altro una questione mentale

non è una questione mentale quando la gente ti aggredisce per strada

invece sì, in confronto al mezzo milione di somali che sono morti nella guerra civile, io sono nata qui e in questo paese ce la farò, non posso permettermi di non farmi il culo, lo so che sarà tosta quando arrivo sul mercato del lavoro ma sai una cosa Yazz? io non sono una vittima, non trattarmi mai come una vittima, mia madre non mi ha cresciuta per farmi diventare una vittima”


https://www.letsbook.org/2022/03/18/ragazza-donna-altro/


 


martedì 8 marzo 2022

La volontà del male - Dan Chaon


LA VOLONTA’ DEL MALE

Autore: Dan Chaon

Traduzione: Silvia Castoldi

Editore: NNE

Anno edizione: 2019

Genere: Thriller, Narrativa USA contemporanea

Pagine: 478

Valutazione: 3,5*

Consigliato: a chi ha l’audacia di affrontare a viso aperto il lato oscuro che alberga nel proprio cuore e in quello di chi lo circonda

Cleveland, Ohio. Dustin Tillman è uno psicologo che ha studiato a fondo il fenomeno delle sette religiose e degli abusi rituali satanici.

Nel passato del protagonista c’è un episodio drammatico, finito in cronaca nera: la sua famiglia, madre, padre e zii, è stata sterminata dal fratello adottivo di Dustin, Russell Bikers detto Rusty.

Rusty è stato condannato all’ergastolo proprio grazie alla testimonianza di Dustin e a quella della cugina Kate. Solo Waverly, gemella di Kate, non ha avvalorato la tesi dei due ragazzi – subito fatta propria dalla procura – circa la colpevolezza di Rusty: la sua ricostruzione degli eventi, tuttavia, è stata giudicata frammentaria e lacunosa, viziata dallo stato di shock in cui la ragazzina si è rinchiusa nell’immediatezza dei fatti e pertanto non le è stato dato nessun credito.

Del resto, il profilo psicologico del giovane Bikers ne faceva un perfetto colpevole: orfano, padre sconosciuto, madre tossicodipendente e dedita alla prostituzione, suicida in carcere, viene affidato dai Servizi Sociali a una coppia misteriosamente deceduta, poco dopo l’ingresso del ragazzo in famiglia, nel corso di un incendio doloso i cui responsabili non verranno mai individuati.

Rusty, accolto dai Tillman, è un adolescente schivo e ombroso: affascinato dall’occulto, se ne va a zonzo senza combinare nulla, disegnando pentacoli, inneggiando al demonio e mettendo in scena rituali macabri che terrorizzano il fratellino, emotivo e impressionabile per naturale inclinazione.

“Dustin … da tempo aveva l’abitudine di perdersi in ellissi, di annaspare in silenzi sempre più lunghi alla ricerca della parola giusta, senza trovarla. Distratto, continuamente distratto, forse al punto che qualcosa non andava nel suo cervello”.

Dopo circa trent’anni, grazie a un’associazione che si batte contro gli errori giudiziari, il caso viene riaperto e Rusty completamente scagionato. Uscito di prigione, il timore che voglia ripresentarsi alla porta dei familiari e chiedere conto delle ingiuste accuse mossegli da Kate e Dustin nel corso del processo è più che fondato.

Nel frattempo Dustin, da poco rimasto vedovo e alle prese con due figli problematici, viene coinvolto in un’indagine condotta da Aqil Ozorowski, ex poliziotto congedato per questioni disciplinari. Aqil sta investigando su una lunga serie di sparizioni di giovani studenti bianchi, trovati morti in corsi d’acqua non distanti dal luogo dell’ultimo avvistamento. Molti di questi casi hanno in comune diversi elementi che fanno supporre l’esistenza di un rituale nella loro preparazione e successiva esecuzione: c’è un serial killer, individuale o collettivo, a piede libero?

Quando anche uno dei figli di Dustin sparirà, senza lasciare traccia, il passato e il presente, il dramma personale sepolto nell’infanzia e quello delle famiglie dei giovani misteriosamente spariti si intrecceranno, fino a condurre il protagonista a un finale drammatico e multiforme.

Il romanzo si apre nel 1978 e termina nel 2014, snodandosi su due distinti piani temporali che si sovrappongono a più riprese: gli anni Ottanta, quando la famiglia Tillman viene sterminata, e gli anni Duemila, quando Dustin ormai adulto affronta i traumi infantili e le difficoltà del ruolo di padre e di vedovo. Anche l’Io narrante è mutevole: il narratore esterno a tratti lascia spazio all’utilizzo della prima o della seconda persona singolare, dando vita a un racconto corale, emotivo ed efficace.

Dustin sembra parlare con il lettore che funge da interlocutore più che da semplice spettatore del suo dramma:

“Ti senti osservato. Quella sensazione fisica, scopaesthesia, si chiama: il formicolio sulla nuca quando hai l’impressione che qualcuno che non riesci a vedere ti stia guardando. Spesso viene descritta come una sensazione spiacevole, uno zampettare di insetti millepiedi”.

E ancora:

“Esiste una parte del nostro cervello, l’amigdala, che sa cose che noi non sappiamo, ma non è capace di esprimersi a parole. Però è in grado di riconoscere il pericolo, ed è questo che provai quando vidi la faccia di Rusty”.

La scrittura è asciutta, incalzante, con numerose pause, omissioni della punteggiatura, ellissi e interruzioni improvvise dei periodi (vere e proprie cesure soprattutto del discorso diretto) volte a dare enfasi al flusso di pensieri che attraversa il protagonista, dilaniandolo, lasciandolo disorientato, attonito di fronte alla lenta presa di coscienza della profondità della tragedia che sta vivendo.

La volontà del male è un crime complesso, con frequenti richiami alla psicologia, alle neuroscienze e all’esoterismo ed è un affresco a tinte noir della provincia americana - l’Ohio, il Nebraska e il Colorado - quella dei bianchi poveri e senza prospettive reali di emancipazione dalle proprie miserie materiali, culturali ed esistenziali.

In questo senso travalica il genere thriller e i suoi limiti, grazie alla prospettiva sociologica con cui Dan Chaon tenta di dare un senso al fenomeno delle sette, dell’adescamento e della manipolazione delle menti fragili attraverso l’uso di droghe che – a partire dagli anni Sessanta e Settanta – ha fatto da filo conduttore di diversi episodi di cronaca negli Stati Uniti, e non solo, e da cui sono scaturiti studi e ricostruzioni giornalistiche, talvolta discutibili nelle premesse e controverse nei risultati.

E’ infine un racconto allucinato e senza redenzione sulle conseguenze del male come scelta di vita, sulla molteplicità delle interpretazioni che possono essere fornite del medesimo fatto storico e – in ultima analisi – sull’imperscrutabilità dell’abisso che abita le coscienze quando non vengono illuminate dalla luce salvifica dell’amore.

Il libro in una citazione

“Raccontiamo continuamente una storia a noi stessi, su noi stessi” aggiungeva. A volte faceva un gesto che sembrava quasi un tocco, anche se in realtà di rado la sua pelle arrivava a contatto con quella del paziente. “Ma possiamo controllare queste storie” proseguiva. “Ne sono convinto! Gli eventi della nostra vita hanno un senso perché siamo noi che scegliamo di darglielo”








lunedì 13 dicembre 2021

Elizabeth Appleton - John O'Hara

 

ELIZABETH APPLETON

Autore: John O’Hara

Traduttore: Nicola Manuppelli

Editore: Nutrimenti - Collana Greenwich

Anno prima edizione in lingua originale (USA): 1963

Anno edizione italiana: 2021

Genere: Narrativa USA moderna e contemporanea

Pagine: 352

Valutazione: 4,5*

Consigliato: a chi non teme di porre sotto alla lente di ingrandimento il matrimonio come istituzione e come incontro di anime, analizzando in chiave introspettiva le ragioni del malessere profondo che attanagliano i legami sociali e familiari

 

E’ il 1950 e a Spring Valley, Contea di Stratford, Pennsylvania, il professor John Appleton – docente di storia di idee liberali e riformiste, paladino del New Deal – è in lizza per la carica di rettore del locale College.

Lo sostiene nella candidatura la moglie Elizabeth Webster, facoltosa figlia di un industriale, cresciuta nell’ovattato ambiente della upper class di New York. Alle spalle ha un’infanzia fatta di chiaroscuri, un padre assente e una madre dispotica e scostante che non ha superato il trauma della morte accidentale del figlio maschio, di cui inconsciamente si sente incolpata. Per amore – ma anche per la noia che le suscita la buona società newyorkese – Elizabeth sposa John, un accademico con alle spalle diverse generazioni di studiosi, belloccio, avvenente, intraprendente ma nemmeno lontanamente in grado di assicurare alla propria sposa uno stile di vita analogo a quello del clan Webster.

Trasferitasi in provincia, Elizabeth si adatta allo scorrere tranquillo dell’esistenza in una cittadina universitaria, con le cene a casa di amici, i ritrovi per le cerimonie accademiche, le raccolte di beneficenza ma anche i pettegolezzi, i sotterfugi di chi tradisce il partner, l’omosessualità nascosta anche se tollerata all’interno degli studentati (e non solo), le lotte intestine fra chi ambisce al medesimo incarico e molto altro ancora.

Elizabeth, dopo un primo periodo di innamoramento romantico e di intesa sensuale con il marito, allaccia una relazione adulterina con Porter Ditson, a sua volta rampollo della più ricca famiglia della città: neppure la maternità o il timore della riprovazione sociale la distolgono dalla fascinazione che prova per l’amante, che lascerà solo alla fine della guerra dopo il congedo di John dalla marina.

Il romanzo, scritto in terza persona, percorre a ritroso – con un lungo flash back che attraversa il ventennio 1930-1950 – la storia dei coniugi Appleton, mettendo il focus sul punto di vista della signora Appleton, sulla scelta di lasciare il nido sicuro delle origini altolocate per costruire una famiglia che - tuttavia - diventa ben presto una prigione: non basta l’affetto per i figli, né la passione che unisce gli sposi novelli a sedare la nostalgia per il passato e il desiderio di acquisire nuove esperienze.

Preso atto dell’impossibilità, nella società americana degli Anni Quaranta, di affermare se stessa altrimenti, Elizabeth trova una ragione di vita nella professione del marito: è lei la parte ambiziosa della coppia e ogni sua iniziativa, ogni suo gesto sarà attentamente studiato al fine di condurre John all’agognato traguardo.

Sarà proprio la buona società nella quale Elizabeth ritiene di sapersi destreggiare a fare quadrato attorno a un altro candidato, esterno al campus - estromettendo il marito e mandando in fumo le sue velleità - e inaspettatamente ad aprire la strada a una fase di ritrovata intesa e reale condivisione tra i due sposi.

I dialoghi frequenti, vivaci, brillanti, spiritosi, sono il punto forte del romanzo insieme alla scrittura briosa, pulita, iperrealista. L’autore ci conduce per mano nell’America benestante dei tumultuosi anni a cavallo fra le due Guerre Mondiali. Attraverso le osservazioni mai banali dei suoi personaggi su politica, costume e società, John O’Hara racconta lo spirito del tempo e lo fa con schiettezza, senza ipocrisie, con un’apertura mentale notevole su temi spinosi quali la sessualità delle coppie, l’amore omosessuale, il tradimento e con un sottofondo di amarezza che – tuttavia - non lascia l’impressione di un pessimismo di fondo insuperabile.

John O’Hara è stato uno dei più importanti esponenti della letteratura americana del Novecento, ammirato da Hemingway e paragonato - per la sagacia e la capacità di sondare le incontrollate pulsioni dell’animo umano e di raccontare un’epoca e una classe sociale - a Francis Scott Fitzgerald e a Richard Yates.

 

Il libro in una citazione

“Aveva provato a valutare con onestà la propria intelligenza, o meglio, il proprio intelletto, e allo stesso modo anche il proprio aspetto, che non chiamava mai bellezza, e nella sua mente non vi erano dubbi che, se mai esisteva in lei quella combinazione di bellezza e cervello, la bellezza fosse predominante sul cervello. Il suo intelletto era fatto di astuzia, di curiosità, e il resto erano nozioni che le venivano dagli studi, dal contesto socioeconomico e dal fatto di essere donna. La maggior parte del suo esercizio mentale era legato alla sua vita di moglie e madre”

https://www.letsbook.org/2021/11/30/coraggio-ambizioni-e-tradimenti-di-elizabeth-appleton-una-moglie-del-novecento/

giovedì 25 novembre 2021

Reo Confesso - Valerio Varesi

 

REO CONFESSO

Autore: Valerio Varesi

Editore: Mondadori – Collana Il Giallo Mondadori

Anno edizione: 2021

Genere: Narrativa italiana moderna e contemporanea, noir

Pagine: 352

Valutazione: 5*

Consigliato: a chi ama i noir filosofici e speculativi e le brumose atmosfere della provincia italiana, cariche di misteri irrisolti

Il 2021 ci ha regalato Reo Confesso il sedicesimo episodio della serie noir ambientata a Parma a firma dello scrittore e giornalista Valerio Varesi, con protagonista il commissario Franco Soneri, portato al successo anche dalla fortunata fiction televisiva Nebbia e Delitti interpretata da Luca Barbareschi.

Siamo a ottobre del 2019 e il commissario Soneri, mentre passeggia per il parco Cittadella di Parma, si imbatte in un uomo addormentato su una panchina. Convinto che si tratti di un disperato, rimasto senza casa e in preda a un malore, si avvicina per prestare soccorso. L’uomo non è affatto un clochard e dichiara di aver commesso un omicidio come “atto di giustizia”. Non quella che si amministra nei tribunali, e che si applica a seguito della violazione di una disposizione del codice, bensì la superiore istanza che impone di punire chi si macchi di violazioni dei principi morali universali, non sanzionabili da norme scritte.

“Non c’è nessuna legge che tuteli dai soprusi, dalle prepotenze, dall’approfittare del prossimo. Si può essere delinquenti senza aver mai commesso un reato” afferma l’uomo della panchina, e Soneri ammette: “Certo, il mondo è pieno di rispettabili criminali. Delinquenti a norma di legge”.

La vittima – Giacomo Malvisi detto James - è un consulente finanziario che ha sperperato i capitali dei propri clienti riducendoli sul lastrico e il reo confesso è proprio uno dei truffati: Roberto Ferrari, così si chiama l’uomo della panchina, è un cittadino irreprensibile impegnato nel sociale che - a causa delle malversazioni di James - ha visto volatilizzarsi i fondi raccolti per realizzare un ospedale pediatrico in Africa.

Il caso sembra risolto ma Soneri è un investigatore di razza e sospetta che dietro alla confessione e al relativo movente si celi una realtà molto diversa.

 A complicare la situazione ci si mette pure la sua compagna – Angela Cornelio – valente penalista del locale foro che viene nominata difensore di fiducia dall’indagato. I rapporti fra Soneri e Angela sono giocati sul filo della deontologia delle rispettive professioni. Angela ha informazioni riservate, che non può fornire all’investigatore, ma invita Soneri – in maniera velata – a dare retta al proprio istinto da segugio, ad ampliare le verifiche, nonostante le risultanze sulla scena del crimine inducano a confermare le dichiarazioni del Ferrari.

I personaggi si muovono sullo sfondo di un’Italia ancora incredula, in cui i media cominciano a diffondere notizie sempre più allarmanti in relazione a un virus influenzale che sta mietendo vittime in Cina e pare stia approdando in Occidente: le corsie ospedaliere piene di malati, i focolai della prima ora, l’obbligo di coprire le vie aeree, i tamponi come profilassi e metodo di tracciamento del contagio sono i segnali di uno scenario surreale e apocalittico che è ancora di là da venire.

Si respira aria di tragedia incombente un passo prima che deflagri il morbo, di incredulità per le misure di contenimento ancora in fase di elaborazione; aleggia il timore di chiusure delle attività produttive, di isolamenti domiciliari obbligatori, di restrizioni della libertà personale per ragioni di tutela della salute pubblica.

Lo stesso Soneri è lambito dalle notizie che irrompono in TV così come nei corridoi della Questura e sembra accettare con umana insofferenza l’obbligo di indossare la mascherina, da vecchio anarchico e libertario quale è sempre stato.

Varesi scrive un giallo à rebours nella miglior scuola di Durrenmatt, colonna del poliziesco mitteleuropeo cui non per niente l’autore ha fatto espressamente riferimento nel corso delle presentazioni del romanzo; si parte da un delitto e da un colpevole presunto per risalire - attraverso un’indagine fatta di suggestioni ambientali, impressioni colte negli interrogatori, appostamenti, pedinamenti e non solo analisi scientifiche – all’accertamento dei fatti, di modo che la realtà storica e quella processuale collimino perfettamente.

Quella di Varesi è anche una profonda analisi del rapporto che intercorre tra il diritto e la giustizia, tra le leggi e quella tavola di valori universali che governano l’agire al di là delle contingenze spazio-temporali.

E’ una riflessione malinconica e dolente sulla solitudine che attanaglia l’uomo contemporaneo, su quel nocciolo intimo, assolutamente inscalfibile, che neppure chi ci ama può penetrare.

“E’ così difficile, poter affidarsi completamente a una persona, anche a chi ti è più vicino. C’è sempre qualcosa di impenetrabile che ti respinge. In definitiva, ogni volta si resta soli. Ci si illude soltanto”

E’ infine una fotografia lucida e disincantata dell’Italia e più in generale della civiltà occidentale colta nel momento in cui la pandemia è ancora un’ipotesi, un retropensiero che la mente non intende ragionevolmente accettare, prima che l’inimmaginabile diventi realtà.

Il libro in una citazione

“I reati non sono solo quelli che perseguite voi. I vostri sono una minima parte e almeno hanno una punizione a norma di legge. Ma gli altri? Quelli per cui non c’è un articolo, un comma o un paragrafo che possa esprimere una condanna?”

https://www.letsbook.org/2021/11/09/reo-confesso/

Verso Nord -Willy Wlautin

VERSO NORD Autore: Willy Vlautin Editore: Jimenez – Collana Narrativa Anno edizione: 2022 Anno prima edizione in lingua originale:...