giovedì 18 febbraio 2021

Un uomo a pezzi - Francesco Muzzopappa

 

UN UOMO A PEZZI

Autore: Francesco Muzzopappa

Editore: Fazi – Le Meraviglie

Anno edizione: 2020

Genere: Narrativa italiana contemporanea / Racconti / Humor

Pagine: 142

Valutazione: 5* su 5

Consigliato: a chi ama la letteratura umoristica, a chi vuole riflettere e sorridere contemporaneamente

Francesco Muzzopappa – copyrwriter pluripremiato e autore di numerosi romanzi - ci regala una serie di esilaranti racconti a sfondo autobiografico.

La raccolta evoca innanzitutto il suo passato di ragazzino sognatore, cresciuto nella profonda provincia meridionale.

Quella di Muzzopappa è una Puglia lontana dagli stereotipi della terra del sole, della taranta, delle masserie shabby chic per milanesi innamorati della natura, desiderosi di trascorrere le ferie immersi nella natura incontaminata, con in sottofondo solo il frinire delle cicale negli oliveti.

“Crescere in un piccolo paese di provincia è un’esperienza traumatizzante. Se nasci a Milano, hai talmente tante cose da fare, vedere e scoprire che puoi anche uscire di casa e fare ritorno dopo sedici anni. In paese, in sedici anni, hai la possibilità di morire di noia almeno venti volte”.

Ci parla della desolazione estiva del borgo di origine, dei primi amori, dei personaggi eccentrici del paese, dei riti collettivi (la passata di pomodoro, la soap opera al ritorno da scuola), delle difficoltà di adolescente, dell’approdo a Milano - la grande metropoli che affascina e intimidisce - dei successi nella professione, dell’incontro col grande amore della sua vita.

Quella che popola i suoi racconti è un’umanità sgangherata e variopinta, le sue peripezie sono quelle di un uomo medio, perso nelle difficoltà di ogni giorno per far quadrare il bilancio, pagare le bollette, sopravvivere all’arroganza di chi si crede arrivato, o di chi esercita il proprio potere da una posizione di privilegio.

Ma Un uomo a pezzi è – soprattutto – una dichiarazione d’amore per Carmen – libraia appassionata di cucina salutista, generosissima coi più poveri e ferma nei suoi principi come un’istitutrice tedesca. Carmen - cui il libro è dedicato “per ovvi motivi”, precisa in esergo - entra nella vita di Francesco come un uragano, sconvolgendo i suoi ritmi e le abitudini da single inveterato per portarlo a un livello superiore di conoscenza di se stesso e del mondo, quello cui approdano due anime che si si scelgono per la vita.

Il linguaggio è ricco, le frasi piene di ritmo, frizzanti, con uno stile che rimanda ai comici dei locali di New York, alla The Marvelous Mrs Maisel (serie Amazon Studios pluripremiata) o – per chi li ricorda – agli sconclusionati protagonisti della sit-com anni Novanta Seinfeld.

Si sorride molto leggendo i suoi racconti, ci si commuove, ci si immedesima, si pensa, ci si sente meno soli perché si realizza che l’originalità – e la sensibilità – non è affatto un limite bensì la più grande delle ricchezze.

Il libro in una citazione:

“Chi, come me, ha vissuto l’infanzia a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, sa di cosa parlo. Ogni giorno, dopo pranzo, c’era un faro luminoso che accompagnava la digestione delle famiglie italiane: le soap opera di Rai 2. Avevano il pregio di offrire trame concepite da menti sotto Thorazine: madri parallele che spuntavano dal passato, gente entrata in coma con una faccia che poi si risvegliava con una faccia tutta nuova, morti temporanei, unioni sessuali tra persone che dopo mesi scoprivano di essere fortemente apparentate e, talvolta, anche lontano dalla settimana di Pasqua, resurrezioni”


giovedì 4 febbraio 2021

intervista con la sposa - Silvio Danese


Autore: Silvio Danese

Editore: La nave di Teseo

Anno edizione: 2020

Genere: Narrativa italiana contemporanea

Pagine: 525

Valutazione: ***

Consigliato: a chi è sensibile alla tematica della violenza di genere e interessato all’approfondimento della psicologia delle vittime e del rapporto vittima-carnefice

Uno scrittore, intenzionato a realizzare un libro-verità su una vicenda giudiziaria assurta agli onori della cronaca per la sua efferatezza, ottiene l’autorizzazione a intervistare Stefania, uxoricida, con alle spalle una lunga unione matrimoniale caratterizzata da violenza e sopraffazione. Si reca pertanto, per cinque giorni, nell’istituto di pena per raccogliere le memorie della donna, il racconto della sua vita e degli eventi che hanno condotto alla pesante condanna che sta scontando.

Da subito il lettore si rende conto che, più che un’intervista, è un incontro-scontro fra due temperamenti forti. Stefania è alla ricerca di un interlocutore in grado di ascoltare la sua verità, al di là di quella emersa dalle carte del processo e dalle perizie psicologiche cui è stata sottoposta. Lo scrittore – dapprima distaccato e professionale e successivamente conscio di avere instaurato un dialogo che, sottotraccia, lo costringe ad abbandonare le proprie certezze di uomo colto, civile, perbene e perbenista prende atto che l’aggressività ha tanti modi per essere declinata e si nasconde nei meandri dei rapporti umani, pronta a prendere il sopravvento quando riaffiora l’istinto primordiale di possesso:

“Quando un maschio lascia sul terreno il corpo di una donna adotta una vendetta sul mondo. A voi non la lascio. Non ne godo io, non ne gode nessuno”.

E ancora, l’intervistatore/scrittore considera tra sé e sé: “Sono sfacciatamente preso da questo mistero, perché invece di voltare pagina di giornale, ci sono caduto dentro, vorrei capire come si passa dall’odore della pelle al sapore del sangue in casa vostra”.

A mano a mano che l’incontro progredisce, i colloqui in parlatorio si trasformano in un viaggio interiore del protagonista maschile negli oscuri meandri della propria umanità, si percepisce la sua impellenza di trovare una ragione per la violenza, di capire da dove nasca e se sia in parte connaturata a qualunque individuo, o se il bisogno di dominare abbia origini ambientali, culturali e sociologiche:

“Ma io la aiuterò, la capirò. Entreremo insieme nel quotidiano, nell’intimità, nel dolore, e poi nella sciagura. Infine prenderò la mia strada, speriamo il volo. Ne farò un romanzo. Ci saranno gli altri. I genitori, di lei, di lui, il recondito dei fatti trascorsi proiettati nel presente, tempi larghi, gli amici, i colleghi. Le trame della condotta amorosa… Lei capirà che dobbiamo soltanto cercare un modo giusto per raccontare la sua storia. Deve fidarsi di me, si fiderà di me”.

Mentre – nel corso di oltre cinquecento pagine - impariamo a conoscere il nome dei figli, del marito, dell’amante, dell’amica del cuore, dell’avvocato, persino dei parenti acquisiti di Stefania, lo scrittore non viene mai identificato con il proprio nome: il suo ruolo viene intenzionalmente circoscritto all’indispensabile, per dare il massimo risalto alla tragica vicenda – per certi versi universale - della vittima che si è fatta carnefice.

La scrittura è densa, musicale, evocativa, con continui cambi di registro dal lirico alla fredda cronaca, e periodi a volte lunghi ed elaborati sotto forma di flusso di coscienza. Si alternano momenti in cui si assiste alla riproduzione – quasi in forma di verbale di interrogatorio – dei colloqui fra i due, ad altri in cui l’intervistatore medita, rielabora il trascritto, tenta di abbozzare le pagine di un romanzo che non ha certezza di saper portare a compimento, tanto è complessa e ambigua la relazione sentimentale di odio e amore, tenerezza e rabbia, trasporto erotico e senso di responsabilità per i figli, che permea l’intero racconto della vita di Stefania. Questa è vittima di stessa e delle proprie fragilità, prima ancora che dell’ex marito paranoico cui si affida, ancora ragazza, forse inconsciamente determinata a sostituire la figura del padre, controversa e assente nella sua vita di bambina e poi di adolescente insicura.

L’intervista alla sposa di Silvio Danese è un’opera dura, potente nei toni, con un finale spiazzante, che non indulge in retorica o in facili spiegazioni psicoanalitiche: vuol far pensare il lettore, ponendolo – con una brutalità intenzionale che in alcuni tratti si fa poesia – di fronte a questioni attuali e irrisolte, lasciandogli l’onere di prendere una posizione autenticamente personale, magari non definitiva ma interlocutoria, pur sempre frutto di una propria elaborazione della vicenda.

Il libro in una citazione:

“Mi sono chiesto, e mi chiedo adesso, che farne, che farò delle parole che sto trascrivendo. E perché poi trascrivo così, formalizzando tutto quanto, invece di eseguire appunti secchi e trascrizione parziale, selezionando o anche soltanto sorvolando, e intanto sta diventando un lavoro lungo, in questa strana alleanza tra le parole dettate dall’audio e il significar scrivendo? Dove mi porta? Non capisco, al momento non capivo, e non riuscivo a non procedere che per questa via




Verso Nord -Willy Wlautin

VERSO NORD Autore: Willy Vlautin Editore: Jimenez – Collana Narrativa Anno edizione: 2022 Anno prima edizione in lingua originale:...