giovedì 19 settembre 2019

Nolite te bastardes carborundorum. Il racconto dell'ancella - Margaret Atwood

Sono arrivata a questo libro con molti anni di ritardo sulla sua prima pubblicazione, avvenuta nel 1985.
Ci sono arrivata per vie traverse, sulla scia della serie televisiva americana, pluripremiata, e della presenza della sua autrice al Festival della Letteratura di Mantova 2019, dove ha presentato il seguito, "I Testamenti".
Ci sono arrivata, infine, per merito di terzi, cioè della libraia che ha proposto questo titolo come Libro del Mese nel Gruppo di Lettura che frequento.
Una folgorazione.
Un'epifania.
Forse uno dei pochi casi - a mia memoria (mmm... ma "Il Grande Gatsby" con Redford dove lo metto?) - di libro di pari efficacia espressiva rispetto alla sua trasposizione cinematografica, oltretutto.
Geniale per più motivi. 
Per l'originalità della trama distopica, che narra di un mondo futuro, affetto da malattie congenite e sterilità, in cui parte dell'America del Nord - chiamata Gilead - è dominata da una sorta di setta che interpreta rigidamente i precetti della Bibbia. 
Per l'attualità del tema della sottomissione della donna, ridotta a strumento per la prosecuzione della specie, cui è sottratto ogni diritto più elementare, da quello di istruirsi a quello di lavorare, finanche il diritto di leggere i libri. 
Ma la genialità del romanzo risiede soprattutto nella prosa, veramente intensa, drammatica, quasi ipnotica, che si snocciola in un fluire incessante di pensieri dell'Io Narrante, June l'ancella, privata addirittura del suo nome per assumere il patronimico della famiglia che la accoglie, cioè del suo comandante Fred Waterford: Difred o meglio Offred, dato che la traduzione italiana - a differenza della serie TV - ha scelto di mantenere il nome in lingua inglese.
Offred sa di non poter sfuggire al proprio destino, obbligata ogni mese a sottoporsi all'umiliazione della violenza sessuale, mascherata da cerimonia della fertilità, da parte del Comandante, sa che l'alternativa sarebbe la morte o nella migliore delle ipotesi la deportazione nelle Colonie di lavori forzati, in cui scontano la propria superbia le NonDonne, che si sono opposte al regime affermando con orgoglio la propria omosessualità, oppure scontano la propria inettitudine le donne sterili o non più in età fertile. 
Offred, tuttavia, si impegna con tutte le forze rimastele a mantenere la propria umanità, laddove la si vorrebbe ridurre a mero strumento riproduttivo; vive nell'incessante desiderio di ritrovare la figlia -  che le è stata strappata dalle braccia mentre tentava la fuga verso la frontiera canadese - e di riabbracciare il marito, della cui sopravvivenza neppure è certa.
Un filo la lega alle ancelle che l'hanno preceduta sulla strada verso l'affrancamento dal giogo di Gilead, quella frase incisa nel legno, all'interno dell'armadio della sua umile stanza, scritta con la forza della disperazione e con la speranza della liberazione: "nolite te bastardes carborundorum", non consentire che i bastardi ti annientino. 
Un monito che ha una valenza universale, laddove c'è una schiavitù, laddove ad un essere umano è negata la libertà, la capacità di autodeterminarsi e di lottare per la propria felicità.
DISTOPICO E POETICO 📖📖📖📖📖

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