venerdì 28 febbraio 2020

Prima di Noi - Giorgio Fontana

Mi ha appassionato ed emozionato con Morte di un uomo felice: con questo nuovo romanzo Giorgio Fontana mi ha convinto completamente.
Non è facile scrivere un'epopea familiare che si dipana per circa cento anni.
C'è voluto tempo, studio della storia, della geografia dei luoghi, della lingua parlata, dei dialetti locali.
Solo un autore colto e sensibile come Fontana poteva riuscire in un tentativo al limite dell'impossibile: non scadere nel feuilleton novecentesco. 
Il clan dei Sartori nasce da un errore non di poco conto commesso dal patriarca Maurizio che, disertore, agli sgoccioli del primo conflitto mondiale si nasconde in un casolare della campagna friulana dove seduce e abbandona incinta la figlia del mezzadro.
Maurizio per tutta la vita si porterà addosso il rimorso di questo errore, la vergogna non solo di essere fuggito dal fronte, ma anche di essersi sottratto alle responsabilità di uomo e di padre.
Lo stigma dell'inettitudine sarà un marchio che tutti i membri della famiglia porteranno con sé, consciamente o meno.
Tre generazioni - con le loro storie minime - attraverseranno e declineranno secondo la propria sensibilità la Storia con la S maiuscola.
Chi da partigiano, chi studiando e diventando insegnante e poeta minore, chi abbracciando l'anarchia fino a sfiorare la lotta armata, chi facendo musica, chi militando in politica, chi occupando fabbriche e intestandosi il ruolo di portavoce dei diritti dei lavoratori.
Fontana non è mai retorico né sentimentale, non ci tiene a comunicare alcuna particolare morale. Vuole condurci per mano a conoscere queste vite minori attraverso un racconto corale, potente, puntuale ma non didascalico dei principali momenti della storia italiana dell'ultimo secolo.
Ho trovato particolarmente toccante - sul piano umano - la narrazione accurata e iperrealista del grande esodo dal Friuli negli anni Cinquanta, di cui poco si è parlato fino ad oggi. Uomini e donne che approdavano nella periferia di Milano e nella cintura esterna, riparando coi figli piccoli nei casolari, nelle stalle abbandonate, e poi nei quartieri dormitorio oggi multietnici, allora luogo di convivenza fra emigranti provenienti da ogni parte d'Italia.
Mi ha ricordato, a tratti, il racconto epico degli ultimi e dei disperati che popolano i libri di di Steinbeck, in particolare Furore.
Anche l'analisi delle istanze dei movimenti anarchici, dei loro folli sogni scaduti in violenza e terrorismo, è assolutamente pregevole.
Forse è meno approfondita l'ultima parte del romanzo, che si concentra sul periodo del berlusconismo: qui il racconto privato degli accadimenti che segnano il clan Sartori diventa preponderante ma con giusta ragione, poiché si tratta di storia recente rispetto alla quale, a mio modo di vedere, non siamo ancora pronti a dare un giudizio a tutto tondo.
Un libro da leggere perché ognuno di noi si può riconoscere nelle vicende di questa famiglia i cui membri - nell'alternarsi di momenti tristi e felici - sanno di essere indissolubilmente legati dal filo invisibile dell'amore.
CORALE, POTENTE 📖📖📖📖📖

Il libro in una frase
"Possibile, si diceva, che il passato avesse una tale forza sul presente? Il potere di ciò che accadde prima di noi è tale da forgiare un destino? O era soltanto colpa sua?"




lunedì 24 febbraio 2020

Nero come la notte - Tullio Avoledo

Sergio Stokar è un ex poliziotto. Nato a Manchester, rientrato in Italia coi genitori da adolescente, è cresciuto in una cittadina del Friuli. Dopo essersi fatto strada nella polizia, viene chiamato a rivestire il ruolo di caposcorta della Presidente del Senato.
E' un uomo di destra, simpatizzante nazista. L'abuso di alcol e droga lo hanno portato ad abbruttirsi, fisicamente e moralmente, perdendo il lavoro, la moglie Carla, il rispetto dei colleghi.
Si risveglia un giorno alle Zattere, un complesso residenziale in disuso ai margini della città, ove si rifugiano i reietti, quegli stranieri che Sergio ha sempre odiato. 
E' un mondo parallelo, un luogo quasi metafisico perso nel nulla della periferia postindustriale di un Nordest in recessione economica, retto da un'oligarchia di gruppi etnici, facenti capo a personaggi ben precisi, invisibili alla società o mascherati per sembrare tali quando dismettono i panni ufficiali di extracomunitari integrati nel tessuto cittadino.
Alle Zattere Sergio viene curato, nel fisico così come nella mente: ha riportato un grave trauma che si riverbera sulla sua memoria a medio termine. Ricorda alcuni fatti, ha dei flashback ma non gli è chiaro chi e perché lo abbia ridotto in fin di vita. Alle Zattere diventa parte di una comunità di emarginati, uniti dalla povertà, dalla disperazione e dall'assenza di prospettive per il futuro: eppure questa comunità lo accetta e lo assimila, regalandogli un senso di appartenenza con cui lo Stokar "uomo dell'ultradestra" - dichiaratamente xenofobo - si trova a dover fare i conti. Gli viene affidato il ruolo di "sceriffo", responsabile della sicurezza del variegato melting pot che lo abita. In questa sua veste viene incaricato di indagare sulla morte di alcune ragazze straniere, di etnie diverse, fatte sparire dal compound nell'arco di poche settimane e ritrovate barbaramente uccise ad esito di pratiche cruente attribuibili a un misterioso culto esoterico.

L'ambientazione - storica e geografica - è pregevolissima nella sua originalità, ed è frutto di un'interpolazione della realtà da grande penna. Siamo in un Nordest distopico e allucinato, che sembra uscito da un film di Wim Wenders. Una cittadina di origini contadine che, dopo avere vissuto un boom economico e produttivo grazie all'insediamento di alcune primarie realtà aziendali, si è vista depauperare delle proprie speranze. La crisi ha portato alla chiusura e delocalizzazione dei grandi gruppi prima e, a seguire, dell'industria che costituisce l'indotto. Quello che era un territorio di integrazione razziale, un luogo che attirava masse per far fronte all'esigenza di manodopera, ora vive una recessione senza fine e i primi a soccombere sono proprio gli immigrati, respinti ai margini della società perché divenuti superflui, nulla più di un costo sociale. La destra politica avanza in Parlamento così come nelle amministrazioni locali, assumendo la maggioranza a forza di slogan elettorali populisti: messa alla prova dei fatti, non sa però fornire alcuna concreta soluzione, limitandosi a operazioni plateali puramente propagandistiche, sgomberi, retate, presidi ai luoghi di spaccio e microcriminalità.
Insomma, quella preconizzata da Avoledo è un'Italia non molto diversa da quella di cui leggiamo sui giornali. O da quella che potrebbe diventare: è un'Italia ancora dietro l'angolo, in cui le garanzie costituzionali e i diritti civili sono parzialmente sospesi. Uno Stato di Polizia che si sostituisce allo Stato di Diritto.
Tutta la narrazione si dispiega attorno a un gruppo di personaggi non convenzionali - che vedrei bene interagire in un film dei Manetti Bros. - dotati di una lucida follia che li rende talvolta contemporanei, talaltra postmoderni. L'albanese Lirosh Roshi, capo della malavita locale a tutti i livelli, dai più sordidi mercimoni ai più sofisticati business; il nobile decaduto Rabo Mishkin, esule russo filozarista che custodisce la memoria storica della città nei suoi grandiosi archivi privati; il dottor Chatterjee, anglo-indiano luminare della psicologia, medico della buona borghesia cittadina e benefattore all'interno delle Zattere; Lorenzo Vidal, spregiudicato giornalista di cronaca cittadina, spavaldamente di sinistra anche a rischio del posto di lavoro; la professoressa Rondolini, pensionata ed ex insegnante di Sergio Stokar al liceo, che - affetta dalla sindrome di Tourette - si esprime a suon di battute oscene in italiano e in greco antico.
Il linguaggio è duro come i temi che affronta, non fa sconti, non addolcisce con una patina sentimentale la crudezza degli argomenti trattati. L'atteggiamento beffardo di Stokar, quella nonchalance da Ispettore Marlowe con cui reagisce alle situazioni impreviste in cui si imbatte è sempre venata di tristezza, disincanto e umana pietà per se stesso. 
Nero come la notte è un romanzo sulle due facce della provincia italiana, quella pubblica dei politici  che gigioneggiano in favore delle telecamere per un pugno di voti in più, e quella  privata - meno commendevole - fatta di intrecci tra potere e criminalità organizzata. 
Ci si imbatte piacevolmente in citazioni di Whitman, Milton, Bakunin, Frost e nella colonna sonora degli Smiths e David Bowie, eco delle origini british del protagonista.
Stokar naviga a vista dentro ad un'indagine che si fa sempre più complessa e ambiziosa e che lo porta a osservare la realtà da una prospettiva diversa, scevra da pregiudizi di razza e fede politica.
Un noir di alto livello, agile e ben scritto, da leggere anche per riflettere sui rischi connessi alla passiva accettazione delle derive nazionaliste ed antidemocratiche dei nostri giorni.

Il libro in una frase
"Il grande problema della sicurezza, secondo loro, consiste nel tenere fuori dal fortino i cattivi, gli indiani. Io non avrei problemi a sparare contro tutti quelli a cui mi dicono di sparare. Solo che il male in realtà è anche dentro le mura, e siamo tutti contagiati, e i buoni e i cattivi vivono insieme e non è facile capire chi siano gli uni e gli altri. Adesso lo so, ma non lo sapevo anche allora, nella mia vita di prima"


 http://www.milanonera.com/tullio-avoledo-nero-come-la-notte/


mercoledì 12 febbraio 2020

Bugie di Sangue - Nicci French




Neve Connolly è una cinquantenne della middle class londinese. Vive con il marito Fletcher e i loro tre figli Mabel, Rory e Connor in una villetta dei sobborghi. E' una grafica pubblicitaria: la società che ha fondato con i suoi tre più cari amici e compagni di università - la Sans Serif - dopo diversi anni di difficoltà è stata acquisita da un grosso gruppo, la Redfern.
Lì Neve si invaghisce di uno dei dirigenti - Saul Stevenson - e ne diviene l'amante. I due si incontrano segretamente in un pied-à-terre del centro, ritagliandosi brevi momenti di felicità intensa, facendo la massima attenzione a non farsi scoprire dai rispettivi coniugi e dai colleghi.
Saul ha una moglie algida ed insensibile, tutta proiettata alla cura di sé ed a coltivare la vita di società. Neve invece ha un marito depresso, che ha tentato senza troppo successo di intraprendere la carriera di creativo free lance e - soprattutto - ha una figlia, Mabel, prossima a lasciare il nido familiare per iscriversi all'università. E' una ragazza abbastanza problematica, un'adolescente ribelle e sfaticata.
Un giorno Neve riceve un messaggio di Saul che la invita a presentarsi nel loro nido d'amore; vi si precipita, salvo scoprire che ad attenderla c'è il cadavere dell'amante riverso sul pavimento. Poco distante dal corpo, l'arma del delitto, un martello insanguinato.
Neve non chiama la polizia, teme di dover giustificare la propria presenza sulla scena del crimine e di far saltare così gli equilibri del suo matrimonio ormai stanco.
Per questo decide di fare la cosa sbagliata: ripulisce accuratamente l'appartamento, elimina ogni traccia della sua presenza e se ne va.
Da questo episodio prende l'avvio il romanzo, in qualche punto anche un po' surreale nei toni, in cui la protagonista ingaggia una duplice battaglia: da un lato, con la polizia, nella persona dell'Ispettore Capo Alistair Hitching, il quale intuisce che nella morte di Saul Stevenson, in qualche maniera, Neve Connolly deve essere implicata. Dall'altra con l'assassino, poiché Neve si accorge che più di una persona potrebbe avere interesse a far ricadere su di lei la responsabilità del delitto.
La protagonista si trova coinvolta in un vortice di sospetti e maldicenze fra colleghi. Non solo: dalle indagini emerge un'immagine di Saul molto diversa da quella idealizzata.
Il ritmo sincopato sarà particolarmente apprezzato dagli amanti del genere psicologico. I personaggi, nel dipanarsi degli avvenimenti, si caratterizzeranno sempre più, perdendo l'iniziale veste bidimensionale e stereotipata per apparire in tutta la loro tragica umanità. Ne uscirà una vivida fotografia della classe media britannica, realistica al limite del crudele, protesa alla conservazione dei propri privilegi e dell'immagine pubblica costruita con pervicace determinazione.
L'epilogo - che non svelerò naturalmente - è decisamente imprevisto, e ciò garantisce al romanzo il giusto grado di tensione narrativa, tipico dei thriller.


Il libro in una frase
"Non poteva sfuggire. Avrebbe dovuto andare avanti con la sua vita e comportarsi da persona innocente. Il fatto che lo fosse davvero - almeno per l'omicidio - non le era di aiuto"



venerdì 7 febbraio 2020

Morte di un uomo felice - Giorgio Fontana.


Nella Milano a cavallo fra gli Anni Settanta ed Ottanta, Giacomo Colnaghi è magistrato inquirente presso la procura del Tribunale. 
Originario di Saronno, cittadina appena fuori da quella che oggi chiamiamo cintura milanese, è cattolico e figlio di un partigiano morto in un'azione di disturbo. 
E' un giudice isolato, inviso ai superiori per i suoi metodi alternativi: ha costituito un piccolo pool di colleghi e sta studiando a fondo il fenomeno della lotta armata, cercando di penetrarne gli schemi, i meccanismi mentali. Lo interessa capire, prima di tutto, il motivo che spinge uomini e donne insoddisfatti dal sistema a percorrere la strada del rovesciamento violento dell'establishment piuttosto che quella del dialogo e della legittima protesta, organizzata secondo metodi democratici.
Colnaghi è l'archetipo dell'eroe solitario, che percorre la sua strada pur sapendo che lo condurrà ad un epilogo tragico: una morte violenta inflitta con vigliaccheria, colpendo alle spalle un uomo disarmato.
Colnaghi diventerà un obiettivo dei terroristi perché rappresentante della parte buona dell'apparato, quella che opera nel rispetto delle regole, con coscienza e senso delle istituzioni.
Come l'eroe borghese Ambrosoli, come il giudice Alessandrini, come il professor Guido Galli barbaramente assassinato nel corridoio di accesso all'aula 309 della Statale di Milano.
Sullo sfondo una Milano livida, trasfigurata agli occhi del protagonista in una sorta di girone dantesco, un luogo di attesa quasi metafisico, un purgatorio costellato di ansia, scrupoli morali e umanissimi sensi di colpa per l'inevitabilità del dolore cui si sta condannando la propria famiglia.
"Non poteva sopportare la presenza stessa del male. Non riusciva ad accettarlo, gli pareva un abominio anche di fronte a tutte le risorse della fede. Se gli fosse stato possibile avrebbe chiesto appello a Dio, argomentato come sapeva fare - con la sua logica impeccabile, una concatenazione perfetta di fatti e ragioni - e avrebbe ottenuto ciò che desiderava. Avrebbe salvato chiunque. Ma chi avrebbe salvato lui?"
Per tutta la vita Colnaghi cerca la figura di quel padre che gli è stato strappato: lo cerca nei racconti della madre e di coloro che lo hanno conosciuto, pretende di trovare una ragione sufficiente a giustificare lo strazio che la sua assenza gli ha provocato.
I due saranno accomunati dalla tragica fine, il supremo tributo pagato in nome del rispetto delle proprie idee: l'uno comunista, l'altro cattolico, entrambi uniti dall'aver abbracciato generosamente  e convintamente il medesimo coacervo di valori fondativi di uno Stato democratico.
Bello l'accostamento tra antifascismo e antiterrorismo, come se padre e figlio si fossero passati il testimone nella lotta contro ogni ideologia antidemocratica.
Un libro durissimo, Premio Campiello 2014, che tratta del senso del perdono, del rapporto fra la legge di Dio e la legge degli uomini, del senso dello Stato, della necessità di creare ponti e superare gli sterili steccati delle ideologie per mettere al centro dell'azione della politica l'essere umano.
POST IDEOLOGICO 📖📖📖📖📖
Il libro in una frase
"Sai qual è il significato di porgere l'altra guancia?", chiese. "Molti lo vedono come un esempio di buonismo fine a se stesso. Altri, come un tipo di resistenza non violenta. No, in realtà il gesto di Cristo è molto più profondo. Anche quando era lecito e persino ovvio colpire, la cosa più ovvia di tutte - tu mi dai uno schiaffo, io te lo rendo - lui non lo ha fatto: per mostrare che un'altra via è possibile". Lo guardò. "Per sorprendere anche chi l'ha colpito. Questo significa amare i propri nemici: o prendi sul serio tale monito, oppure è parola morta." "E se quello che ti ha colpito va avanti a farlo?" "E' un rischio che bisogna correre. In quel caso si perde tutto. Ma è l'unico modo per interrompere il circolo di odio. O almeno io non ne vedo altri". 

Verso Nord -Willy Wlautin

VERSO NORD Autore: Willy Vlautin Editore: Jimenez – Collana Narrativa Anno edizione: 2022 Anno prima edizione in lingua originale:...