VERSO NORD
Autore: Willy Vlautin
Editore: Jimenez – Collana Narrativa
Anno edizione: 2022
Anno prima edizione in
lingua originale: 2008
Traduzione: Alessandro
Agus
Genere: Narrativa USA moderna e contemporanea
Pagine: 217
Valutazione: 5*
Consigliato:
a chi ama la narrativa americana, i romanzi a sfondo sociale; a chi vuole fare
conoscenza con un personaggio indimenticabile
Nevada, anni
Ottanta circa. Allison Jonson è una ventenne come tante, alcolizzata, priva di
prospettive dopo l’abbandono della scuola senza avere ottenuto un diploma. Fa
la cameriera nei bar di Las Vegas, città dove vive con la madre e con la
sorella. Del padre – volatilizzatosi – non ha ricordi significativi.
Si barcamena in
una relazione violenta, fatta di prevaricazioni crescenti, con Jimmy,
tossicodipendente e simpatizzante dei gruppi suprematisti bianchi. Rimasta
incinta, decide di lasciarsi alle spalle la famiglia e i pochi amici sballati
che frequenta. Si trasferisce a Reno dove ricomincia da zero: mantenendo il
silenzio sulla gravidanza, partorisce il bambino e lo dà in adozione tramite un
Centro di assistenza per madri in difficoltà.
La solitudine è
un demone da combattere tanto quanto la dipendenza dagli alcolici e le tendenze
autolesioniste. Eppure Allison è una persona forte, non sfugge alle proprie
responsabilità, si fa carico del dolore che la accompagna.
Impara a
ricostruirsi, ad accettare i propri limiti ma anche a valorizzare i propri
punti di forza. Nel suo percorso di rinascita si affida a una voce interiore
sui generis: patita di cinema e in particolare di Paul Newman – di cui conosce
l’intera filmografia – nei momenti di sconforto dialoga con Paul, che gli
appare sornione come solo lui sa essere, incoraggiandola, blandendola, amandola
teneramente.
I dialoghi fra
Allison e la stella di Hollywood – in realtà monologhi interiori - sono di
commovente autenticità, le pillole di saggezza che l’attore dispensa sono doni
preziosi, hanno il potere di placare le paure della ragazza, il vuoto che morde
le viscere là dove prima era cresciuto un figlio, infondendole fiducia nella
possibilità di meritare il meglio.
E infatti
Allison troverà l’amicizia, l’amore, la forza per riprendere gli studi e per
pensare addirittura al College.
I personaggi di
Vlautin si muovono su uno scenario di povertà, arretratezza culturale e
pregiudizi razziali; non è l’America stereotipata quella che ci racconta, in
cui la realizzazione dei desideri è garantita ai coraggiosi e agli
intraprendenti: è quella degli ultimi, di chi vive a margine del sogno
americano e pure ne viene sedotto.
Verso Nord è un
romanzo che – come i quadri di Hopper – si concentra sulle assenze più che
sulle presenze. La casa materna di Allison, il bar del casinò in cui lavora
prima di lasciare Las Vegas, la tavola calda di Reno, il suo appartamento sono
luoghi metafisici in cui la vita scorre tra le dita dei protagonisti senza che
ne colgano il senso, o meglio la direzione.
E allora
partire, lasciarsi tutto alle spalle, andare a Nord, tracciare una linea retta
tra due punti che segni il tragitto più breve verso nuove prospettive diventa
l’imperativo esistenziale per chi sa che il futuro, dopotutto, è a portata di
mano, se solo non ci si arrende al primo giro di carte sfortunate distribuite
dal destino.
Verso Nord è
anche un romanzo sulle seconde possibilità: i personaggi sono figli di un Dio
minore - pedine svantaggiate di un gioco spietato architettato dal Fato o chi
per esso – eppure affascinati anche solo dal dubbio che l’amore sia un’ipotesi
plausibile e una strada praticabile.
Il racconto è
in terza persona, con frequente uso di dialoghi, snelli, efficaci e carichi di
significato; il linguaggio è esso stesso strumento per delineare la psicologia
dei personaggi, l’estrazione sociale e il vissuto complesso, nella migliore
tradizione del romanzo americano novecentesco.
Nella
scrittura di Vlautin si avvertono echi di molteplici voci della narrativa
americana, rielaborate tuttavia in maniera originale; c’è la prosa scarna e
iperrealista di Steinbeck, ma anche la forza delle descrizioni degli elementi
della natura di Annie Proulx, lo sguardo critico di Joyce Carol Oates e di Chris
Offutt nei confronti del potere pubblico - che si dimentica degli sfruttati e
dei deboli – ma soprattutto il disperato vuoto e i deliri psicotici dei
diseredati affamati d’amore di Flannery O’Connor.
Il realismo di
Vlautin – l’attenzione al contesto sociale, la descrizione anche cruda di
alcuni snodi della vicenda – è mediato dal suo sguardo accudente: non c’è
pregiudizio, neppure per chi si macchi delle condotte più abbiette, c’è
attenzione e compartecipazione emotiva, nel tentativo se non di spiegare la violenza
che alberga nel lato più oscuro dell’essere umano, quanto meno di capire quali
siano le cause scatenanti.
Un inno intimo
e dolente - ma nel contempo incredibilmente universale - alla forza della vita.
Il libro in una citazione “Che razza di persona bisogna essere per fare quello che ho fatto io? Quella ragazza, vorrei essere quella ragazza. Vorrei essere lei. Lei sì che è una che non si arrende. Non manda a puttane la sua vita come ho fatto io. Vorrei solo sparire. Mi chiedo ogni giorno dove sia, mi chiedo cosa stia facendo. Ogni volta che mi guardo vedo lui. Ogni volta che mi spoglio, vedo lui”