New York. Sul finire degli anni Sessanta tre ragazzi, Marsha, Emily e Vince passano l'estate negli Hamptons. Sono alle soglie dei trent'anni, mediamente benestanti e istruiti, vivono con spensieratezza la loro età, passando da un partner all'altro senza troppo impegnarsi nelle relazioni amorose.
Sembra un inizio glamour, da commedia rosa o da soap opera, una sorta di Sex and the city ante litteram, invece TALK! non è un vero e proprio romanzo, piuttosto è un esperimento sociologico alla Truman Show che la scrittrice Linda Rosenktrantz realizzò registrando, nel 1965, le sue stesse conversazioni con la propria cerchia di amici.
Ne è scaturita la trascrizione del resoconto audio della vita dei tre giovani, in grado di dipingere un quadro preciso delle fragilità di una generazione, in transito verso la vita adulta.
Tutto sembra ruotare attorno alla psicanalisi, quasi una moda per i borghesi benestanti che frequentano gli Hamptons in quello scorcio dei leggendari Sixties.
Si parla tanto - con tono leggero e apparentemente superficiale - di sesso, aborto, liberazione sessuale, omosessualità, di droghe e di esperienze psichedeliche.
Questi giovani - tuttavia - non sono affatto felici: sembrano in bilico fra la generazione benpensante e ingessata dei genitori e la cultura pop di Andy Wharol e compagni. Sfuggono dagli stereotipi imposti dalle famiglie ma mancano di energia, sono impantanati nella costante paura di assumere decisioni, temono il giudizio del gruppo e si nascondono dietro a nuove liturgie, non meno convenzionali, rispetto a quelle dei genitori.
Questi giovani - tuttavia - non sono affatto felici: sembrano in bilico fra la generazione benpensante e ingessata dei genitori e la cultura pop di Andy Wharol e compagni. Sfuggono dagli stereotipi imposti dalle famiglie ma mancano di energia, sono impantanati nella costante paura di assumere decisioni, temono il giudizio del gruppo e si nascondono dietro a nuove liturgie, non meno convenzionali, rispetto a quelle dei genitori.
Sono smarriti. Cambiano partner, vivono pericolosamente e senza inibizioni il sesso ma cercano - in fondo - solo il sentimento. Boicottano (a parole) la famiglia, origine delle idiosincrasie più profonde, ma si interrogano sulla felicità, sul desiderio di maternità o di paternità, sull'amore eterno.
Emily è un'attrice depressa e ciclotimica, si stordisce con l'alcool e con storie da una notte al limite del masochismo. Marsha (alter ego dell'autrice) è una scrittrice piena di insicurezze emotive e Vinnie è un pittore omosessuale noto sulla scena newyorchese, confuso, più sul piano emotivo che altro, incapace di dare un nome all'attrazione che nutre per Marsha.
Un esperimento narrativo interessante, tutto in forma dialogica, più simile a un testo teatrale come genere letterario, che riesce a far emergere l'umanità dolente dei suoi protagonisti, schegge impazzite, fragili pedine del gioco della vita, vittime delle proprie paure, forse la prima generazione a subire l'influsso venefico della cultura di massa e del dilagante potere dei media.
Molto più vicini alla sensibilità contemporanea di quanto si possa credere.
AVANGUARDISTA 📖📖
Il libro in una frase
"Possediamo tutti questa fantastica capacità, è questo l'intero mito dell'amore. L'amore è un'idea del tutto falsa, ed è un'altra cosa ancora destinata a scomparire in modo definitivo. L'amore si basa sulle paure e le cose irrazionali, sui bisogni della gente; ha a che fare con il proprio sé, non c'entra niente con l'altra persona ed è del tutto folle pensare il contrario. Tutto ciò che può fare l'amore è aiutare una persona a essere prolifica e ad attraversare la vita"
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